La procura di Roma ha iniziato l’analisi del fascicolo trasmesso dai colleghi di Bergamo sull’inchiesta Covid. I magistrati capitolini, coordinati dal procuratore capo Francesco Lo Voi, devono decidere se indagare i tre ex ministri della Salute Roberto Speranza, Giulia Grillo e Beatrice Lorenzin, oltre al presidente dell’Iss Silvio Brusaferro e gli ex dirigenti della Sanità Giuseppe Ruocco, Claudio D’Amario e Ranieri Guerra. A seconda delle posizioni, sono contestati il mancato aggiornamento del piano pandemico, l’omessa definizione dei piani di dettaglio, l’omissione di atti di ufficio, falso e truffa per i tamponi da 3 euro che, secondo l’accusa, erano costati circa 750 l’uno. Se il governo M5s-Pd dovesse finire a processo per la gestione del Covid, allora Palazzo Chigi «si costituirebbe parte civile», come annunciato dal capogruppo di Fratelli d’Italia Tommaso Foti al Tg4.
Stando a quanto riportato da Il Giornale, si stanno profilando altre ipotesi di indagine, come l’attentato alla sicurezza nazionale. Ma non è l’unica novità. Ad esempio, il matematico Stefano Merler avrebbe riferito ai pm di Bergamo che ben prima dell’alert Oms del 31 dicembre nella comunità scientifica italiana c’era la convinzione della diffusione del Covid fuori dalla Cina. Inoltre, ci sono verbali da cui emerge che il Viminale avrebbe voluto mandare le forze dell’ordine in Val Seriana per almeno due settimane, ma l’allora premier Giuseppe Conte disse no. Emergono anche tensioni: l’ex viceministro della Salute Pierpaolo Sileri avrebbe raccontato di essere stato «minacciato» da Goffredo Zaccardi, ex capo di gabinetto di Speranza.
INCHIESTA COVID, “SITUAZIONE FUORI CONTROLLO PRIMA DI CODOGNO”
Sono tante le informazioni raccolte dall’inchiesta Covid di Bergamo, come uno studio inedito secondo cui c’erano ricoveri sospetti già a fine gennaio 2020, quasi un mese prima di Codogno. Quando non vi era cognizione dell’emergenza, c’erano già 900 persone alle prese col Covid, soprattutto tra Lodigiano e Bergamasca. Nessuno di loro venne sottoposto al tampone, almeno fino al 20 febbraio 2020, quando vennero forzate le procedure per individuare il paziente uno. Non avrebbe potuto farlo, però, perché una circolare del ministero della Salute del 27 gennaio definiva come “caso sospetto” solo chi presentava sintomi respiratori gravi dopo contatti con la Cina, in particolare Wuhan. Questo passaggio mostrerebbe le radici di quella catena degli errori. Basti pensare che cinque giorni prima il ministero aveva emanato una circolare più “estensiva”, salvo poi rivederla. Nel frattempo, il coronavirus correva. Infatti, il 1° giugno 2020 Gabriele Del Castillo, che all’epoca era collaboratore dell’Unità Prevenzione della Dg Welfare lombarda, inviò all’epidemiologo Danilo Cereda uno studio sulla circolazione del Covid prima del 20 febbraio da cui si evince appunto che vi erano 900 persone con sintomi prima di tale data (209 nel mese di gennaio e 691 a febbraio). Quindi, gli ospedali prima del 20 febbraio ricoveravano pazienti con strane polmoniti. Da questo documento si ricava altresì un picco di polmoniti virali già alla fine di gennaio, con una situazione che viene definita “fuori controllo” 15 giorni prima di Codogno.