In due precedenti occasioni abbiamo esaminato la crisi del trasporto aereo sui cieli europei prodotta dall’epidemia e il difficile tentativo di ripresa dei voli iniziato nella scorsa estate. In una prima puntata abbiamo esaminato a che punto è la ripresa dell’offerta nei differenti Paesi europei e per i principali vettori, con una particolare attenzione al mercato italiano e al caso Alitalia. Nella seconda ci siamo invece focalizzati sul caso italiano, mostrando il diverso grado di recupero dell’offerta (voli realizzati) e della domanda (passeggeri trasportati) nei tre principali segmenti di mercato, il domestico, l’infra Ue e l’extra Ue.
Abbiamo visto come una ripresa rilevante, sino a circa il 70% dei livelli dello stesso periodo dello scorso anno, abbia riguardato, e in maniera omogenea tra offerta e domanda, solo il segmento domestico. Invece sul segmento infra Ue la ripresa è più lenta per l’offerta (solo il 44% il livello dei voli in agosto rispetto al livello dello scorso anno) e molto più lenta per la domanda (solo il 28%) determinando un drastico calo dei passeggeri medi per volo e dunque del load factor. Riguardo infine al segmento extra Ue, al cui interno il peso maggiore è dato dai voli intercontinentali di lungo raggio, fortemente limitati dalle restrizioni sanitarie agli spostamenti verso molti Paesi, la ripresa assume valori esigui per l’offerta (solo il 22% del livello dello scorso anno) e trascurabili per la domanda (appena l’11%).
Per effetto di queste dinamiche, i voli effettuati risultano sufficientemente riempiti di passeggeri solo sul mercato domestico (non necessariamente per tutti i vettori che vi operano, dato che non disponiamo di valori distinti per compagnia), mentre sui voli infra Ue effettivamente realizzati si è perso in media un terzo dei passeggeri dello scorso anno e sui voli extra Ue addirittura la metà. Questi numeri ci dicono che i voli extra Ue non sono economicamente sostenibili per i vettori, salvo l’ipotesi estrema che quasi tutti i viaggiatori effettivi abbiano volato in business class, mentre anche quelli infra Ue potrebbero non esserlo, in particolar modo per i vettori low cost i quali volano con aerei mediamente più grandi dei vettori tradizionali e guadagnano solo grazie a tassi di riempimento altissimi.
Esaminati gli effetti della crisi sui mercati è venuto il momento di osservare quelli sui conti dei vettori aerei. In questa terza puntata ci occupiamo dei conti economici dei tre grandi gruppi europei di vettori tradizionali e lasciamo alla prossima quelli dei maggiori vettori low cost. I tre gruppi tradizionali rappresentano infatti più di metà dell’intero mercato Ue per capacità offerta e passeggeri e merci trasportati, se consideriamo non solo i livelli imbarcati ma anche le distanze percorse, e oltre due terzi del fatturato complessivo. I tre gruppi sono, ordinati per fatturato complessivo, i seguenti:
1) Gruppo Lufthansa: comprende Lufthansa (che include la controllata italiana Air Dolomiti), Swiss, Austrian, Brussels Airlines ed Eurowings. Nel 2019 ha registrato quasi 36 miliardi e mezzo di euro di ricavi industriali, conseguiti trasportando 145 milioni di passeggeri e circa 1,5 milioni di tonnellate di merci. Alla fine dell’anno aveva 138 mila dipendenti totali e volava con una flotta di 763 aerei, di cui 179 di lungo raggio e 19 all cargo.
2) Gruppo Air France – Klm: comprende Air France, Klm, Transavia e vettori controllati minori. Nel 2019 ha registrato un fatturato totale di oltre 27 miliardi di euro, trasportando 104 milioni di passeggeri e 1,1 milioni di tonnellate di merci. Alla fine dell’anno aveva 83 mila dipendenti totali e volava con una flotta di 554 aerei, di cui 176 di lungo raggio e 6 all cargo.
3) Gruppo IAG (International Air Group): comprende British Airways, Iberia, la controllata spagnola low cost Vueling, e il vettore irlandese Air Lingus. Nel 2019 ha registrato ricavi industriali per 25,5 miliardi di euro, trasportando 118 milioni di passeggeri e 0,7 milioni di tonnellate di merci grazie a 65 mila dipendenti e a una flotta di 598 aerei, di cui 196 di lungo raggio.
Assieme i tre gruppi hanno trasportando lo scorso anno quasi 370 milioni di passeggeri, 18 volte quelli di Alitalia, realizzando 90 miliardi di euro di fatturato, 30 volte quello di Alitalia, grazie a una flotta di oltre 1.900 aerei (18 volte Alitalia), e a più di 280 mila dipendenti (27 volte Alitalia). Assieme hanno conseguito 5,6 miliardi di profitti industriali (Ebit, di cui 1,9 Lufthansa, 1,1 AF-Klm e 2,6 il gruppo IAG). Quanto stanno perdendo questi grandi gruppi a causa delle riduzioni di traffico generate dalla pandemia e dalla conseguenti restrizioni normative alla mobilità che gli Stati hanno adottato per contrastarla?
I risultati della gestione industriale del gruppo Lufthansa nel primo semestre di quest’anno sono riportati nel Grafico 1:
1) I ricavi industriali si sono più che dimezzati nel primo semestre 2020 rispetto allo stesso semestre del 2019, scendendo da 17,4 a 8,3 miliardi di euro (-52%).
2) I costi industriali si sono tuttavia ridotti solo del 31%, passando da 17 a 11,8 miliardi di euro.
3) In conseguenza il risultato operativo (Ebit, dato dalla differenza tra ricavi e costi industriali) si è attestato su un valore negativo di 3,1 miliardi di euro, con un peggioramento di 3,5 miliardi rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente.
Grafico 1 – Gruppo Lufthansa, dati della gestione industriale (in miliardi di euro).
Fonte: elaborazioni su Report aziendali.
I risultati della gestione industriale del gruppo Air France-Klm nel primo semestre 2020 sono invece riportati nel Grafico 2:
1) Anche in questo caso i ricavi industriali si sono più che dimezzati nel primo semestre di quest’anno rispetto allo stesso semestre del 2019, scendendo da 13 a 6,2 miliardi (-52%, la stessa percentuale di Lufthansa).
2) I costi industriali si sono ridotti solo del 33%, passando da 12,8 a 8,6 miliardi di euro.
3) In conseguenza il risultato operativo si è attestato su un valore negativo di 2,4 miliardi di euro, con un peggioramento di 2,5 miliardi rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente.
Grafico 2 – Gruppo Air France-Klm, dati della gestione industriale (in miliardi di euro).
Fonte: elaborazioni su Report aziendali.
Infine i risultati della gestione industriale del gruppo IAG nel primo semestre sono riportati nel Grafico 3:
1) Anche in questo terzo caso i ricavi industriali si sono più che dimezzati rispetto al 2019, ma la percentuale è risultata maggiore: infatti nel passaggio dai 12 miliardi del primo semestre 2019 ai 5,3 del 2020 la riduzione è stata del 56%. La spiegazione più verosimile di questa maggiore caduta consiste nel fatto che il gruppo IAG è più impegnato dei primi due nel lungo raggio, il segmento più toccato dalla caduta della mobilità aerea.
2) I costi industriali di IAG si sono invece ridotti del 34%, passando da 10,9 a 7,2 miliardi di euro.
3) In conseguenza il risultato operativo si è attestato su un valore negativo di 1,9 miliardi, con un peggioramento di 3 miliardi rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente.
Nel complesso i tre gruppi hanno avuto perdite industriali per 9,1 miliardi e un peggioramento complessivo di Ebit di 10,7 miliardi rispetto allo scorso anno.
Grafico 3 – Gruppo IAG, dati della gestione industriale (in miliardi di euro).
Fonte: elaborazioni su Report aziendali.
Per un confronto tra i tre gruppi è utile mettere a rapporto la riduzione dell’Ebit con la loro dimensione economica più significativa, rappresentata dal fatturato ante-Covid: per il gruppo Lufthansa si ha il 22%, per AF-Klm il 19% e infine per IAG il 25%. In sintesi il gruppo più toccato dalla crisi sanitaria appare IAG e quello relativamente meno toccato AF-Klm.
Un secondo confronto interessante, complementare a quello appena svolto, riguarda la dimensione industriale delle caduta, mentre il precedente riguardava la dimensione economica. Essa può essere misurata dal lato dell’offerta come riduzione della capacità prodotta e dal lato della domanda attraverso la caduta del trasportato, misurato come passeggeri km e come tonnellate km di merci. Provvede al riguardo il Grafico 4. Come si può osservare tutti i tre gruppi hanno più che dimezzato l’offerta nel semestre (posti km prodotti), ma la riduzione risulta più consistente per Lufthansa (-61%) e meno per AF-Klm (-51%) con IAG intermedia. I dati del semestre derivano da un primo trimestre quasi normale, essendosi la pandemia manifestata nel corso del mese di marzo, e da un secondo di lockdown consistente. Nel loro insieme sono però di grande interesse perché i livelli di attività dei vettori nella parte trascorsa del secondo semestre assomigliano molto a tali valori medi. Essi possono fornirci in conseguenza informazioni utili su come si potranno chiudere i conti economici dei gruppi a fine anno.
Grafico 4 – Livelli di attività dei maggiori gruppi (I sem. 2020 in % I sem. 2019)
Fonte: elaborazioni su Report aziendali.
Proseguendo nell’analisi del Grafico 4 notiamo come la caduta della domanda sia stata per i passeggeri più consistente di quella dell’offerta, con un conseguente deterioramento del load factor. Invece ha tenuto la domanda di trasporti cargo, con una riduzione molto meno consistente rispetto ai passeggeri. In questo caso il load factor (non desumibile dal grafico in quanto non è rappresentata la capacità cargo offerta) si è persino accresciuto e le stive degli aerei che continuano a volare ora viaggiano molto più piene.
Grafico 5 – Livelli di attività dei maggiori gruppi (I sem. 2020 in % I sem. 2019)
Fonte: elaborazioni su Report aziendali.
Un confronto ulteriore, in ultimo, sulla capacità dei tre gruppi di contenere i costi industriali al ridursi dei proventi:
1) I tre gruppi mostrano una riduzione dei costi industriali molto simile: del 31% per Lufthansa, del 33% per AF-Klm e del 34% per IAG.
2) Essa è tuttavia solo una frazione rispetto alla riduzione dei ricavi. Infatti, essi sono diminuiti del 52% per Lufthansa e AF-Klm e del 56% per IAG
3) Mettendo a rapporto per ognuno la riduzione percentuale dei costi rispetto alla riduzione percentuale dei ricavi si ottiene una misura dell’elasticità di breve periodo dei costi rispetto ai ricavi: essa, se arrotondiamo i dati, risulta pari a 0,6 per tutti i gruppi (quasi 0,65 solo per AF-Klm). Questo vuol dire che per ogni punto percentuale di riduzione dei ricavi i vettori riescono a recuperare 0,6 punti percentuali nei costi mentre lo 0,4 non recuperato va a peggiorare il risultato industriale.
Poiché i dati del semestre che abbiamo esaminato derivano da un primo trimestre quasi normale, essendosi la pandemia manifestata nel corso del mese di marzo, e da un secondo trimestre di quasi totale assenza di trasporto aereo a causa dei diversi lockdown nazionali, e poiché inoltre la media dei due trimestri è straordinariamente somigliante alle tendenze del trasporto aereo che si sono manifestate in media da luglio in avanti, è molto probabile che il secondo semestre vada complessivamente non molto meglio del primo per i grandi gruppi europei. Infatti, se consideriamo i livelli di attività dei vettori nella parte trascorsa del secondo semestre ed estrapoliamo per l’ultimo trimestre le tendenze riduttive in atto non dovremmo compiere un errore di rilievo nel prevedere che l’impatto della crisi per tutto l’anno sarà all’incirca il doppio o poco meno dell’impatto misurato per l’insieme dei primi due trimestri. Esso è stato di poco inferiore a 11 miliardi in termini di peggioramento del risultato operativo dei tre maggiori gruppi complessivamente considerati. Per l’intero 2020 si collocherà in conseguenza tra i 20 e i 22 miliardi.
(3- continua)