La Procura di Milano ritiene che il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, debba essere processato per una controversa fornitura di camici – poi trasformata in donazione – da parte dell’azienda del cognato. Che Fontana si sia ritrovato al centro vicenda estremamente imbarazzante è fuori di dubbio: soprattutto nella fase iniziale dell’emergenza Covid. Il contrappasso politico-mediatico, del resto, è stato immediato nelle martellanti campagne di stampa che hanno subito additato nel sistema sanitario lombardo – comprensivo delle residenze per anziani – il vero responsabile della “strage-Covid” nella primavera 2020. Ora per il governatore – a un anno dal termine del mandato al Pirellone – giunge a scadenza la cambiale giudiziaria: verso la quale lui stesso non può che riporre fiducia nei suoi difensori, oltreché, ritualmente, nella magistratura giudicante. Però – come spesso accade quando la Procura di Milano si muove contro un leader politico del centrodestra – non manca qualche però.
Il più visibile è certamente legato alla prima firma dell’inchiesta Fontana: quella di Maurizio Romanelli, procuratore aggiunto ai reati contro la Pubblica amministrazione. Romanelli è in questo momento “aggiunto” di una Procura vacante del capo. Francesco Greco è infatti andato in pensione un mese fa, inseguito da procedimenti e polemiche che hanno avvolto il palazzo di giustizia milanese dopo la deflagrazione a catena di vari casi fra politica e magistratura (Palamara, Eni-De Pasquale e Davigo-Storari). Ora il Csm ha iniziato a vagliare le candidature per una successione difficile: mentre lo stesso organo di autogoverno della magistratura è incalzato dal Capo dello Stato per un’autoriforma.
Le attese sono tutte per l’arrivo a Milano di un “papa straniero” (in pole position è sempre saldo il nome del procuratore generale di Firenze, Marcello Viola). Resiste tuttavia una candidatura di bandiera, l’unica avanzata dall’interno del corpo dei procuratori meneghini: quella di Romanelli, storico esponente della sinistra giudiziaria). I suoi fan, naturalmente, negheranno sempre che la richiesta di rinvio a giudizio di Fontana – formalizzata da Romanelli “orfano” di Greco e candidato alla sua successione – sia un caso, forse finale, di “rito ambrosiano a orologeria”.
Nel frattempo il Procuratore capo di Bergamo, Antonio Chiappani, ha ripetuto che vi sono ancora “incongruenze” nei diversi racconti su come furono prese le decisioni nelle settimane critiche di inizio 2020, quando la bomba-Covid si innescò e infine scoppio nelle valli orobiche con effetti devastanti. Non ci sono dubbi su quali siano le “narrazioni” più rilevanti, cioè le posizioni potenzialmente delicate sul piano giudiziario: quella del ministro della Salute, Roberto Speranza (Leu), in carica nel Conte 2 e ora nell’esecutivo Draghi; e quella dell’allora premier Giuseppe Conte, oggi leader (almeno formale) di M5s, cioè del primo partito del Parlamento italiano fino alle prossime elezioni. Dopo un anno e mezzo per loro i tempi giudiziari si prospettano ancora incerti e lunghi: diversi da quelli del governatore leghista della Lombardia; anche se le scadenze elettorali sono le stesse.
Nel frattempo sembra essersi persa nel proverbiale “porto delle nebbie” della Procura di Roma l’inchiesta sulle forniture di mascherine decise da Domenico Arcuri, alto commissario straordinario all’emergenza Covid del Conte 2. La Procura della capitale è stata l’epicentro del terremoto-Palamara ed è in attesa che si insedi il nuovo capo. Sarà Francesco Lo Voi, attuale capo a Palermo, cui il Csm ha appena riconosciuto i maggiori titoli dopo due anni di guerra a colpi di carte bollate tutta interna all’alta magistratura. Dovrà abbandonare la poltrona Michele Prestipino, contestato vice, delfino e successore di Giuseppe Pignatone. Vicino a Magistratura indipendente, Lo Voi ha però raccolto crescenti consensi presso le toghe più progressiste. Garantista, poco mediatico, in buoni rapporti con Pignatone, Lo Voi troverà la “pratica Arcuri” fra quelle in cima alla pila lasciata da Prestipino.
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