La storia vera di Alfredino rampi finisce in tv, sulla Rai: la ricostruzione dell’incidente di Vermicino

La storia vera dell’incidente di Vermicino, che provocò la morte di Alfredino Rampi, risale al 1981. I fatti accaddero nella frazione di Frascati, dove la famiglia, composta dai genitori Ferdinando e Franca insieme al bambino di 6 anni e dal fratellino di 2 Riccardo, stavano trascorrendo le vacanze. Il figlio minore fu lasciato solo dal padre, che acconsentì durante una passeggiata a farlo rientrare autonomamente a casa a piedi. Lì, tuttavia, non arrivò mai. Dopo circa un’ora di ricerche, vennero avvisate le forze dell’ordine. Migliaia di persone cercavano il bambino, anche con l’ausilio dei cani, ma senza esito, complice il buio. 



Ad avere l’intuizione che Alfredino Rampi potesse essere caduto in un pozzo fu la nonna, la quale era a conoscenza della presenza di quest’ultimo nelle vicinanze alla loro abitazione e aveva udito dei flebili lamenti. Quella che causò l’incidente di Vermicino fu una costruzione nuova ed era evidente che fosse pericolosa. È per questo motivo forse che il proprietario del terreno aveva chiuso il buco con una lamiera e dei sassi. Le sensazioni della donna, però, erano veritiere. Il bambino infatti era precipitato nel vuoto ed era stato poi bloccato lì dentro. L’impossibilità di sentirlo gridare rallentò di molto le operazioni di soccorso ed esse si rivelarono estremamente difficili. L’area era infatti molto stretta e profonda, tanto che era impossibile per un adulto entrarci.



È per questo motivo che venne calata una tavoletta legata a delle corde, con la speranza che il piccolo potesse afferrarla. Non fu così, perché si incastrò ben prima di raggiungerla e si spezzò, ostruendo il condotto. Si pensò così di scavare un tunnel parallelo. Il lavoro si rivelò però lungo e complesso. Al termine, si ci accorse che il bambino era più lontano del previsto. Innumerevoli volontari cercarono di arrivare a lui. Solo due però giunsero a destinazione: prima Angelo Licheri e poi Donato Caruso. Nessuno di loro riuscì a imbracare Alfredino in modo tale da tirarlo su fino alla luce. Il secondo dovette infine comunicare, dopo tre giorni, che il piccolo non dava più segni di vita. Il cadavere sarebbe stato recuperato soltanto un mese dopo l’incidente di Vermicino.



L’attenzione mediatica sull’incidente di Vermicino e il ricordo della storia vera di Alfredino Rampi

L’incidente di Vermicino, inizialmente, non ebbe grande rilevanza dal punto di vista mediatico: soltanto dopo che fu annunciata la necessità di creare un tunnel parallelo al pozzo per potere salvare Alfredino, sul posto si iniziarono a presentare giornalisti di diverse testate. I tecnici della Rai prestarono diversi loro strumenti per consentire che la famiglia e i soccorritori potessero comunicare con il bambino a distanza. Inoltre, dopo tre giorni, calarono in profondità anche una telecamera, che purtroppo inquadrò il suo corpicino ormai privo di vita, confermando che non c’era più nulla da fare per salvarlo.

Per gli italiani quelli dell’incidente di Vermicino furono momenti drammatici: tutti erano incollati al televisore per sapere quali sarebbero state le sorti del bambino. Quella della Rai fu la prima diretta televisiva così lunga della storia. Le registrazioni sarebbero poi state pubblicate in una collana di videocassette, sebbene i genitori di Alfredino Rampi fossero contraria e abbia fatto ricorso, ottenendo il ritiro. Le immagini erano strazianti poiché reali ed è per questo motivo che la storia vera di Alfredino Rampi ad oggi continua ad essere viva nella memoria degli italiani.