Caro Paolo, papà di Laura. Quel che è capitato a te e alla tua famiglia è così terribile che qualsiasi parola è riduttiva, fuori posto, perfino fastidiosa. Tuttavia, le parole seguono i pensieri, suscitano pensieri e questo conta, questo vale ed è necessario, per non subire la realtà, per non diventare indifferenti e cinici. E i pensieri, assistendo, e provando a immedesimarci nella tua storia, sono tanti, si affollano inquietanti e perturbanti.



Perché. Perché questo dolore, imprevisto, ingiusto, feroce, perché un dolore innocente, perché a tua figlia, a te, a voi. E tu che ti strazi domandandoti: cosa potevo fare, cos’ho sbagliato, cercando invano colpe che non hai, previsioni impossibili di un imprevisto fatale.

E il dramma per ciascuno di noi è che una risposta razionale non c’è, non può esserci, se non la sfortuna, il destino avverso. E la chiudiamo così, questa ferita che deve invece urticare e bruciare la vita. Perché ogni giorno la domanda si ripone, anche solo pensando a un bimbo morente in ospedale.



Solo che, carissimo Paolo, se una risposta non ci fosse tu avresti perso tua figlia per sempre, e non avresti più speranza né diritto alla felicità. Di più, la tua vita non avrebbe senso. La nostra vita fiaccata da dolori ingiusti non avrebbe senso. Io posso solo dire che capiremo. Che chi ci ha creato non ci ha creati beffardamente per il male e la morte. Che anche il dolore sarà redento e trasformato in salvezza. Che tua figlia la rivedrai, che sarai felice, e non perché dimèntico. Questa risposta è solo ragionevole, non razionale, e non è poco. Non è la verità, perché la verità è un cammino, e pian piano la si abbraccia, amando, essendo amati, in nome di Cristo.



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