Tempi difficili per chi fa geopolitica. In questi giorni, quella che era la moda intellettuale di quest’epoca di guerra è stata sottoposta alla dura critica di chi ne ha addirittura messo in discussione lo statuto epistemologico e la credibilità. La geopolitica è stata descritta come una disciplina venuta al mondo grazie alle fumisterie del secolo scorso, dai natali poco nobili e dal retaggio non molto rassicurante, fortemente ideologica e con relazioni imbarazzanti con il potere. Una critica ingenerosa, ma è difficile negare che la geopolitica sembra non essere più in grado di spiegare il mondo: il determinismo che la caratterizza, anche nella sua versione dinamica, ha serie difficoltà a dare ragione delle trasformazioni che stiamo vivendo. Sono le novità e non le ripetizioni e le costanti storiche a caratterizzare la nostra contemporaneità. Gli uomini sono sempre in lotta per accrescere il loro potere, ma questa banale verità non basta a fondare una disciplina, a meno che non la si chiami Storia e a scriverla sia Tucidide.



Viviamo in giorni strani: del resto come spiegare l’incontro fra Putin e Kim Jong-un, che sembra essere il frutto della fantasia di un disegnatore di fumetti, l’alleanza di due supercattivi che si trovano per conferire su armi risolutive e piani irrealistici?

Molti analisti vedono nell’incontro di Mosca il segno di un’alleanza sempre più salda fra Russia e Cina. È indubbio che Xi stia salvando l’economia russa, acquistando il petrolio e il gas che le sanzioni non fanno più fluire in Occidente. Recentemente Austin Ramzy e Jason Douglas sul Wall Street Journal hanno spiegato come il sostengo economico cinese stia permettendo alla Russia di continuare la guerra, le relazioni economiche fra i due Paesi nei primi sette mesi del 2023 sono aumentate del 36% e hanno raggiunto un valore complessivo di 134 miliardi di dollari. Ma sono la componentistica e i microchip a destare la maggiore preoccupazione, poiché forniscono ai russi ciò di cui hanno disperato bisogno per i loro droni e sistemi d’arma più avanzati. Un legame strettissimo che la visita di Kim ha ulteriormente rafforzato. La Corea del Nord ha le munizioni di cui Mosca ha bisogno per continuare questa dispendiosa guerra d’attrito e in cambio Mosca può fornire il know-how di cui hanno bisogno i nordcoreani per colmare parte del gap tecnologico nei confronti di Seul.



D’altra parte vedere nella Corea del Nord una semplice leva della politica cinese può far perdere di vista alcuni aspetti decisivi. Indipendentemente dal fatto che il viaggio di Kim ha ufficializzato una relazione che da tempo insospettiva i servizi occidentali, quello che deve far riflettere è che all’equazione della guerra in Ucraina si è aggiunta un’altra variabile indipendente. Benché il carattere imprevedibile e al limite della follia che ascriviamo a Kim sia parte di una messa in scena di un regime che ama auto-rappresentarsi come bizzarro e impenetrabile, non possiamo prevedere quali conseguenze abbia il coinvolgimento ufficiale della Corea del Nord per la sicurezza del Giappone e della Corea del Sud e quindi per la stabilità di tutta la regione. A meno che non si voglia spiegare la dinamica delle relazioni internazionali con le certezze della geometria dei rapporti di forza, se escludiamo la teoria del caos non ci sono strumenti teorici che ci possano aiutare a descrivere in modo compiuto la situazione.



Molto più modestamente, ci limitiamo a registrare il dato che la Cina, grazie all’accesso privilegiato al mercato russo, è ormai il maggior esportatore di automobili al mondo e che nel momento in cui intende farsi promotrice di un nuovo equilibrio multipolare aumenta il suo coinvolgimento nel conflitto ucraino, anche a costo di alzare la posta giocando la carta nordcoreana. Il futuro ci dirà se il vero volto della leadership cinese è quello del promotore dei Brics+, come ora si chiama il gruppo allargato a Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, o quello poco rassicurante che sostiene Putin e Kim, divenendo il perno dell’asse delle autocrazie.

Al momento nessuno può dire se la Cina sarà fautrice di un nuovo equilibrio o piuttosto un soggetto che innalzerà il livello di entropia del sistema delle relazioni internazionali. In questa fase di instabilità sistemica è difficile avere certezze, con buona pace dei detentori delle verità della geopolitica.

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