Il mondo segue con il fiato sospeso l’evoluzione della guerra a Gaza. E anche se ora sta passando sotto silenzio deve tenere conto del conflitto tra Russia e Ucraina. L’incontro di domani, mercoledì 15 novembre, nell’ambito del vertice Apec sulla cooperazione Asia-Pacifico di San Francisco, tra il presidente americano Joe Biden e il suo corrispondente cinese Xi Jinping verterà anche su questo. Ma a Washington e Pechino il tema che interessa di più è quello delle relazioni commerciali: da una parte la Cina vuole rassicurare gli imprenditori Usa sulle sue nuove leggi antispionaggio e su qualche defaillance della sua economia, secondo Xi enfatizzata dai media, dall’altra gli americani non vogliono perdere delle opportunità di business.



Quanto alla crisi israelo-palestinese e alla guerra tra Kiev e Mosca, spiega Massimo Introvigne, sociologo, fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter, le pressioni che la Cina potrebbe esercitare su Putin e sull’Iran sono relative, non tali da cambiare il corso degli eventi. Gli americani, intanto, sono preoccupati anche di un coinvolgimento di banche cinesi in un grosso traffico di droga scoperto, tra l’altro, proprio dagli investigatori italiani.



Commercio, Medio Oriente, Ucraina, tecnologia: sono questi i temi sul tavolo dell’incontro Biden-Xi? A quale di questi viene data la priorità?

I commentatori più esperti, sia americani che cinesi, sono abbastanza scettici quanto al lato politico: sul fatto che Xi Jinping abbia potere di manovra su Putin e gli iraniani per arrivare a degli accomodamenti c’è parecchio scetticismo. Anche per questo i repubblicani Usa accusano Biden di crearsi una passerella propagandistica senza nessuna possibilità di successo politico. La realtà del viaggio, però, secondo me non sta tanto nella politica internazionale, ma nel tentativo di Xi di riallacciare i rapporti commerciali non solo con il governo degli Usa, che può al limite togliere qualche sanzione anche se non lo farà gratuitamente, ma anche con la comunità economica. È previsto un incontro con gli imprenditori dove un tavolo costa 40mila euro.



Quindi si parlerà soprattutto di economia?

Xi cercherà di convincere gli imprenditori che le voci sulla crisi economica della Cina sono esagerate e di rassicurare sulle norme che spaventano le imprese, cioè le leggi antispionaggio che impediscono anche agli imprenditori stranieri di collegarsi a siti internazionali dai loro uffici o accedere a informazioni che i cinesi ottengono sulle capacità di pagamento dei loro clienti interni. Notizie che hanno indotto una serie di società americane a chiudere le loro sedi a Pechino. Il messaggio è che al netto delle sanzioni il business può continuare. Lo scopo della visita, insomma, è molto chiaro: migliorare il clima commerciale con le grandi aziende americane che per una serie di motivi negli ultimi mesi si è un po’ deteriorato.

Gli Usa, invece, cosa pensano di ricavare da questo vertice?

Questo è più difficile da dire. A fronte di un aiuto a Xi Jinping per rimettere sui binari i rapporti economici, chiederanno in cambio delle contropartite politiche: alcune sono difficili e riguardano le pressioni su Putin e sull’Iran per la soluzione delle crisi geopolitiche internazionali, altre sono relativamente facili e già se ne parla. Ci sono degli americani in carcere con accuse più o meno fasulle di spionaggio o di traffico di droga: alcuni di loro potrebbero essere liberati, del resto sono tenuti in prigione proprio per essere scambiati.

C’è anche il problema di un presunto coinvolgimento cinese in un traffico mondiale di droga. Anche questo è un argomento che sarà oggetto di discussione?

È un tema che preoccupa molto gli Usa, su cui c’è anche un pressing del Congresso su Biden. Riguarda, appunto, il coinvolgimento della Cina nel traffico internazionale di droga, sul quale probabilmente Xi Jinping darà delle rassicurazioni. Una parte di queste informazioni vengono da indagini della Guardia di finanza italiana, che ha trovato traccia di giri che coinvolgono i cartelli colombiani e le banche cinesi, con uno snodo in Italia per fare arrivare ai colombiani i pagamenti in modo sicuro tramite istituti di credito cinesi e l’ambasciata cinese in Colombia. Un esempio documentato nell’indagine denominata “Operazione Via della Seta”, ma ci sarebbero altri esempi del genere nel mondo. La Cina ha sempre parlato solo di singoli funzionari corrotti, arrivando fino a ringraziare, come è stato fatto con l’Italia, le forze dell’ordine che hanno consentito di individuarli. In realtà ci sarebbe un coinvolgimento anche della banca nazionale.

Per quanto riguarda la crisi mediorientale la Cina sembra avere una posizione abbastanza defilata: ha qualche freccia al suo arco per ricavarsi un ruolo da protagonista?

Nel Medio Oriente la Cina non ha relazioni dirette. Ne ha con l’Iran: potrebbe influire in un senso moderato su Teheran, ma anche questo sembra molto difficile. Non è che gli iraniani, per capirci, prendano ordini dai cinesi. Iran e Cina sono alleati, hanno tutta una serie di traffici sulle armi che coinvolgono anche la Russia, ma lo sono perché il nemico del mio nemico è mio amico: fra la teocrazia religiosa degli ayatollah e l’ideologia di Xi Jinping non ci sono molti punti in comune.

Usa e Cina parleranno anche di Taiwan?

Secondo me se la sbrigano in pochi minuti: Xi dirà che dal 1949 Pechino non ha mai escluso l’opzione militare, mentre Biden ha sempre detto che, se questa opzione fosse esercitata, gli Stati Uniti reagirebbero. Ma penso che la cosa finisca lì. Non è per quello che si incontrano.

La Cina sta avendo a che fare con un calo demografico e anche dei matrimoni: si sta occidentalizzando? Anche questo è un motivo di preoccupazione interna per Xi Jinping?

Per loro è molto difficile dire “contrordine compagni” dopo decenni di propaganda e di costrizione per il figlio unico. Le leggi creano anche mentalità e questo ora è uno dei grandi problemi della Cina.

Nell’incontro si parlerà di diritti umani?

Le organizzazioni per i diritti umani, compresa la mia, hanno firmato appelli a Biden perché sia sollevata la questione, con particolare riferimento allo Xinjiang, al Tibet, a Hong Kong, ai cristiani perseguitati. Può darsi che una battuta la facciano, ma l’esperienza insegna che questa battuta non porterà molto lontano.

Gli analisti sostengono che la vera priorità degli Usa non sia il Medio Oriente, tantomeno l’Ucraina, ma l’Indo-Pacifico e in particolare i rapporti con la Cina. Qual è la loro strategia sotto questo aspetto?

La priorità è vera. Per il tessuto economico degli Stati Uniti il Pacifico è più importante dell’Atlantico. Però il mondo è globale e quindi tutte le cose sono connesse. Abbiamo visto il gravissimo errore di Biden in Afghanistan: l’amministrazione Usa aveva pensato che fosse fuori dai teatri vitali, ma il fatto di averlo abbandonato ha ringalluzzito un po’ i cinesi, che sono confinanti e che hanno fatto subito accordi con i talebani. È stato un pessimo segnale. E anche il discorso di concentrare le risorse sulla difesa di Taiwan e non dell’Ucraina è sbagliato: la caduta di Kiev darebbe forza alle pretese cinesi su Taiwan.

(Paolo Rossetti)

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