Tra Joe Biden e Mario Draghi c’è una buona chimica personale e un feeling politico evidente. Senza dubbio il rapporto è eccellente, rodato negli anni delle crisi finanziarie, dal 2008 al 2012, quando Biden era il vice di Barack Obama e Draghi guidava la Banca centrale europea. Un’intesa rafforzata da questi mesi di intensi rapporti diplomatici tra Roma e Washington.
La mezz’ora di colloquio faccia faccia ieri sera a Carbis Bay in Cornovaglia a margine del G7 ha confermato tutto questo, anche se non ha nascosto i problemi aperti e le divergenze su questioni di fondo. Soltanto oggi si saprà di più, al di là delle dichiarazioni ufficiali, anche se filtrano alcune indiscrezioni.
L’incontro bilaterale “è andato molto bene”, ha dichiarato al termine il presidente del Consiglio, il quale ha voluto segnare una sorta di linea rossa anche a uso dei partiti che lo sostengono. “Sin dalla formazione del governo – ha aggiunto Draghi – sono stato molto chiaro che i due pilastri della politica estera italiana sono l’europeismo e l’atlantismo. Con Biden siamo d’accordo su molti temi: donne, giovani, difesa degli ultimi, diritti umani, diritti civili, diritti sociali e tutela dell’ambiente che è il tema chiave della nostra presidenza del G20”. Il capo del governo ha poi aggiunto: “C’è bisogno di riformare e rafforzare l’Oms con un ruolo più forte per Fmi e Banca mondiale”, sottolineando la necessità di prepararsi fin d’ora per la prossima pandemia, anche concordando in anticipo la distribuzione dei vaccini.
C’è stata sintonia anche sulla politica economica. “Questo non è il momento di prendere soldi, è ancora il momento di darli”: la frase con la quale Draghi ha liquidato seccamente la tassa inattuale e anacronistica proposta da Enrico Letta è risuonata in Cornovaglia con grande soddisfazione di Super Mario. Le parole sono diverse, ma il succo del discorso di Joe Biden al G7 è esattamente lo stesso. Certo, anche il Presidente americano propone di finanziare parte del mega stimolo fiscale facendo pagare i redditi più elevati ed è vero che i maggiori Paesi industrializzati hanno accettato di tassare le multinazionali a cominciare dai colossi del web. Ma è una questione di tempi e di equilibri. E questo è ancora il tempo di spendere, investire, spingere la crescita. A Draghi è stato affidato di aprire la sessione dedicata all’economia e lui non ha menato il can per l’aia: “Ci vogliono politiche espansive per rafforzare la crescita e tutelare il lavoro”.
Il gigantesco piano infrastrutturale lanciato da Biden, tuttavia, ha una portata politica, non solo economica, vuole diventare la risposta occidentale alla Belt and Road Iniziative, la Nuova Via della seta. I leader europei, pur accettando formalmente il progetto americano, hanno invitato a non spingere troppo in là il confronto. Angela Merkel ha evitato di specificare l’impegno finanziario tedesco per la nuova sfida atlantica. Biden ha ribadito la relazione speciale con la Gran Bretagna che ha gonfiato ancor di più Boris Johnson già gonfio di orgoglio per natura e per il ruolo di ospite del G7. E con il Premier britannico il Presidente americano ha parlato apertamente di una nuova Carta atlantica. Ci sono dissensi, soprattutto sull’Irlanda che sta a cuore all’irlandese Biden, ci sono stati anche sulla Cina, ma Londra si sta mettendo in riga. Più difficile la partita con l’Unione europea e in particolare con alcuni Paesi, a cominciare proprio dall’Italia.
Il Governo guidato da Conte ha firmato (unico in Europa) un documento che rappresenta un viatico politico fortemente apprezzato da Pechino. Beppe Grillo che s’intrattiene per ore con l’ambasciatore cinese proprio durante il G7 con Giuseppe Conte che si tira fuori all’ultimo momento, non è certo piaciuto agli americani. Sanno che il comico ha numerose relazioni quanto meno sulfuree (per esempio in Medio Oriente, direzione Teheran), speravano che il fondatore del M5S fosse ormai fuori gioco, ma così non è e questo indebolisce oggettivamente il Governo. Draghi ha preso le distanze dalla politica filo-cinese del M5S, tuttavia la domanda è fino a che punto arriverà un’Italia sempre tentata dalla politica dei due forni che questa volta rischia di diventare dei tre forni, perché oltre a Pechino c’è anche Mosca (e qui è sotto tiro soprattutto Matteo Salvini). Biden sta cercando una relazione diretta e personale con Vladimir Putin se ci sarà disgelo il dossier russo diventerà meno pesante. Hai voglia di dire che l’Italia è il più stretto e fedele alleato degli Stati Uniti, oltre le parole contano i fatti.
Un banco di prova importante è sempre più la Libia dove l’Italia riveste un ruolo di primo piano nella stabilizzazione politica del Paese nordafricano e nella sua ricostruzione economica. Qui davvero potrebbe funzionare una sorta di divisione del lavoro: non solo gli Usa, ma anche l’Ue lascerebbe a Roma il compito principale, così come Berlino è la sponda diplomatica nel rapporto con la Russia. Il gioco è rischioso quanto complesso perché sappiamo che nella partita libica sono entrati protagonisti ingombranti e pericolosi come la Turchia e la Russia.
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