L’indagine sulla “loggia Ungheria” fu frenata a Milano. Questa la tesi di Paolo Storari, pm finito sotto accusa a Brescia per violazione di segreto. Interrogato per quattro ore, ha spiegato che non intendeva commettere alcun reato e che non fu neppure mosso da spirito di rivalsa né da una cieca avversione contro i suoi capi. Decise di consegnare i verbali secretati di Piero Amara all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo «è solo perché avevo motivo di ritenere che si volesse temporeggiare». Per il magistrato era passato ormai troppo tempo, era necessario agire. Ieri il pm milanese si è soffermato col procuratore di Brescia Francesco Prete e il sostituto Donato Greco su un aspetto: se erano calunnie quelle di Amara, perché non indagare e contestarle? Se invece gli elementi fossero stati veri, allora perché sono passati mesi prima di avviare gli accertamenti?
Paolo Storari, secondo quanto riportato da Repubblica, avrebbe prodotto delle email per dimostrare le numerose richieste rivolte ai vertici, dall’iscrizione nel registro degli indagati di 6 persone, tra cui Piero Amara, ai tabulati telefonici. Tutte richieste che sarebbero cadute nel vuoto secondo il pm milanese, perché solo a maggio ci furono i primi indagati.
“DAVIGO SI ASSUNSE RESPONSABILITÀ SU VERBALI”
Ma Paolo Storari ha ribadito alla procura di Brescia un altro aspetto di cui aveva discusso con i pm di Roma. Quel gesto di far uscire i verbali segreti di Piero Amara dalla procura di Milano fu “autorizzato” dall’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, il quale «si assunse la responsabilità anche pubblica» del fatto. Inoltre, lo avrebbe rassicurato circa la legittimità della trasmissione degli atti fuori protocollo, assicurandogli anche che ne se sarebbe fatto carico. Ora non è escluso, secondo Repubblica, che venga sentito l’ex membro togato di Palazzo dei Marescialli, già sentito a Roma in qualità di teste. A Brescia però ci si è soffermati su Milano. Storari avrebbe parlato di altri dissidi e di qualche freno alla sua visione dell’indagine sul “falso complotto” per depistare l’inchiesta sul blocco petrolifero Opl245 e la presunta corruzione internazionale da parte di Eni e Shell in Nigeria (nel marzo scorso sono stati assolti tutti, anche Scaroni e Descalzi). Inoltre, avrebbe raccontato retroscena sulla gestione di Vincenzo Armanna, ex manager Eni e imputato, le cui dichiarazioni furono “valorizzate” nel processo sulla maxi tangente nigeriana ipotizzata e risultata inesistente per il Tribunale, processo su cui la Procura di Milano puntava molto.
«La fuga di notizie e tutto quello che è avvenuto dopo non può essere neanche in astratto addebitabile alla scelta di coscienza compiuta da un magistrato integerrimo», ha dichiarato l’avvocato Paolo Della Sala, legale di Paolo Storari, il quale a qualche collega ha ribadito di aver fatto sempre il suo dovere, con scrupolo. Per il legale comunque c’è «un tema di giudizio etico che va inquadrato e compreso, questo è un punto molto rilevante, così la smettiamo anche di avere giudizi espressi anche un po’ a “capocchia”». Per quanto riguarda quanto uscito su stampa e in tv, Della Sala ha spiegato che bisogna analizzare la condotta alla luce della «prospettiva che aveva un soggetto in un determinato momento e questo può spiegare la sua condotta» anziché gettare «inutilmente fango addosso a una persona che non lo merita».