INDI GREGORY, LA POLEMICA DI BORGNA CONTRO IL SISTEMA GIURIDICO INGLESE
Secondo il decano della psichiatria italiano, il professore Eugenio Borgna, il caso della piccola Indi Gregory dimostra l’assoluta mancanza di cura per la vita del sistema sanitario e giuridico inglese: mentre è cominciato il graduale distacco dei macchinari che tengono in vita la neonata di 8 mesi (contro il parere dei genitori e a fronte della proposta dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma per il trasporto in Italia), nell’intervista a “La Repubblica” è lo stesso psichiatra ed autore ad inquadrare i termini della vicenda che così tanto divide l’opinione pubblica in Italia.
«Bisognava ascoltare i genitori, seguire quell’ultima speranza di cura per Indi. Quale diritto avevano i giudici inglesi di staccare le macchine contro la volontà della famiglia?»: secondo Borgna occorre schierarsi dalla parte della “speranza” anche se questa per i genitori dovesse essere una mera “illusione”. Se l’ospedale di Roma si è offerto di accogliere Indi, prosegue lo psichiatra su “Rep” è perché vi erano gli estremi per una cura palliativa atta a non staccare subito i macchinari: «È disumano uccidere la speranza, anche se si rivelasse un’illusione». Borgna parla di umanità che si sarebbe compiuta nei confronti di Indi e dei suoi genitori lasciando il via libera al trasferimento in Italia, invece nulla di tutto questo è avvenuto: madre e padre Gregory avrebbero avuto pace anche qualora Indi fosse morta in Italia perché avrebbero quantomeno provato tutto quanto in loro potere.
DA BORGNA A ROCCELLA, IL TEMA DELLA VITA DEGNA DI ESSERE VISSUTA
Invece in ballo, sottolinea Borgna, resta la dignità della vita: «quale diritto avevano i giudici di decidere se la vita di Indi Gregory fosse o meno degna di essere vissuta? […] Se ci fosse stata anche una possibilità di cura su mille per Indi andava perseguita. I genitori dovevano essere aiutati e ascoltati: la legge inglese ha calpestato ogni forma di umanità». Non la pensa in maniera molto diversa il Ministro per la Famiglia e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, intervistata oggi su “Libero” proprio sul tema di Indi Gregory e in generale sulle forme di eutanasia: «alla piccola Indi è stata rifiutata la libertà di cura».
Secondo l’esponente del Governo impegnato a concedere la cittadinanza italiana alla bimba dei Gregory, i primi che avrebbero dovuto difendere le ragioni della famiglia erano quelli che sostengono il diritto all’autodeterminazione sul fine vita. Invece «è stata negata qualsiasi possibilità di scelta», afferma Roccella sottolineando come evitare l’accanimento terapeutico non significa affatto «uccidere, bensì astenersi da trattamenti eccessivi». Nonostante la prognosi sia negativa, conclude la Ministra, «non si può indurre la morte, le cure devono sempre continuare». Così però non sta avvenendo per Indi Gregory e nelle prossime ore potrebbe rimanere senza ossigeno ed alimentazione in modo fatale. Come ha scritto la stessa Roccella sulle sue pagine social, «Indi ha diritto di essere curata fino all’ultimo, e la cura non è sempre la promessa di guarigione, ma la lotta quotidiana per tutelare la persona e allontanare la fine, per accudirla e creare per lei le migliori condizioni possibili, per scegliere in ogni momento la vita e non la morte».