Stare dalla parte dei bambini, in qualunque parte del mondo, per proteggerne la vita dalla molteplicità delle violenze e dei soprusi a cui sono esposti, non è certo cosa facile.  E tutti in Italia ci siamo schierati dalla parte dei bambini: non importa che fossero ucraini o russi, ebrei o palestinesi. Non importa se arrivano attraversando il Mediterraneo o la rotta dei Balcani: i bambini non possono essere vittime della crudeltà degli adulti, qualunque forma possa assumere. Non vorremmo che nessuno di loro si perdesse e per ognuno di loro siamo disposti a moltiplicare energie, risorse, competenze di ogni tipo: vogliamo che ognuno di loro abbia l’opportunità di vivere la propria vita e sentiamo tutto ciò come una grave responsabilità che grava su di noi.



Per questo ci tocca così profondamente il caso di Indi Gregory, che ha ottenuto la nazionalità italiana solo per avere una chance in più per salvare la sua vita. Il Consiglio dei ministri è stato convocato d’urgenza per conferire la cittadinanza italiana a Indi, neonata inglese di 8 mesi, gravemente malata per una patologia mitocondriale giudicata incurabile. La piccola potrà quindi essere ricoverata al Bambino Gesù di Roma, nonostante l’opposizione dell’Alta Corte di Londra che ha giudicato la piccola “incurabile” e che per questo era disposta a staccare la spina dei macchinari che la tengono in vita. La piccola era stata ricoverata al Queen’s Medical di Nottingham, perché è affetta da una rarissima malattia genetica di tipo degenerativo che interessa i suoi mitocondri e impedisce lo sviluppo di tutti i suoi muscoli.



Da quando è nata i suoi genitori combattono insieme a lei per aiutarla a vivere: ha dovuto affrontare due operazioni intestinali, un intervento al cervello e una sepsi che ha portato a tre arresti cardiaci. I suoi genitori la descrivono come una bambina “forte”, che vuole vivere e che è capace di comunicare come fanno gli altri bambini di otto mesi.

Davanti al rifiuto di continuare a curarla, espresso dall’Alta Corte di Londra, il Bambin Gesù, nella sua consueta generosità istituzionale, si era detto disposto ad accoglierla, ma l’Alta Corte dopo aver decretato la sospensione delle cure ha negato anche la possibilità del trasferimento in Italia. Nello stesso tempo ai genitori è stato comunicato crudamente e senza alternative che alle 15 di ieri avrebbero staccato la spina al macchinario che la tiene in vita. I genitori sanno bene che non sarà mai uguale agli altri bambini, perché ha diverse disabilità. Ma desiderano solo poter avere il tempo necessario per organizzarsi e portarla a casa, dandole una ulteriore possibilità di vita e comunque non togliendole violentemente la vita che comunque sta vivendo.



A questo punto è intervenuto il Governo italiano, che per provare a salvarle la vita ha deciso di conferirle la cittadinanza italiana ai sensi dell’articolo 9, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, numero 91. Una vera e propria corsa contro il tempo per tenere in vita la neonata. La famiglia, come è naturale, ha detto grazie di cuore al Governo italiano.

Eppure dalle 15 di ieri non si sa più nulla del caso: non si sa se Indi arriverà in Italia, dove i medici del BG proveranno a trattarla, ben sapendo che non ci sono ancora cure sicure per questo tipo di patologie; non si sa se Indi ce la farà a superare il viaggio Londra-Roma; non si sa se comunque l’Alta Corte a questo punto accetterà di far tornare la bambina a casa sua, come chiedevano inizialmente i genitori. Quel che è certo è che quella benedetta spina non potrà essere staccata impunemente. Nessuno potrà dire “Non sapevo quali conseguenze ci sarebbero state”. Ma se Indi dovesse morire, potrebbe morire, a causa della sua malattia, certamente inguaribile allo stato attuale delle cose, ma non incurabile. Perché curare si può sempre, come tutta la filosofia e la pedagogia delle cure palliative ci insegna ogni giorno.

Ed è questa la rivoluzione culturale della nuova branca della medicina: le cure palliative sono una vera e propria cura che a 360 gradi ci accompagna e ci aiuta a vivere fino alla fine, senza mai anticipare la fine, senza nessun accanimento, solo con uno straordinario amore alla vita. Il Governo italiano ha investito in questa legge di bilancio 10 milioni di euro: tanti o pochi nessuno può dirlo, certamente però un segnale forte e chiaro di tutela della vita di tutti i più fragili. Il Bambin Gesù ha uno splendido Centro di cure palliative per l’infanzia, e comunque lì la piccola Indi troverebbe la migliore accoglienza possibile. Anche se è sulla ricerca nel campo delle malattie rare che noi vogliamo investire coraggiosamente. La malattia mitocondriale di cui soffre Indi è per tutti noi una provocazione a studiare di più e meglio tutta una serie di malattie che troppo frettolosamente abbiamo dichiarato inguaribili.

Ad Indi, se arriverà in Italia, quando arriverà in Italia, vogliamo offrire tutte le cure di cui ha bisogno, comprese quelle palliative, ma anche la speranza di una ricerca attenta, coraggiosa, perfino audace sul piano della ingegneria genetica. Tutto, meno che staccare la spina con il falso alibi di accorciare le sue sofferenze mentre si pone in atto una vera e propria forma di eutanasia, contro l’assoluto parere dei genitori, esautorandoli di un diritto naturale inestinguibile.

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