In India nel corso dell’ultimo anno si sono registrati 7 suicidi da parte di studenti delle più prestigiose università locali, tutti appartenenti alla cosiddetta casta dei dalit, un tempo noti come “intoccabili”, ovvero i più poveri ed emarginati cittadini indiani. Tuttavia, la reale portata del problema dei suicidi tra gli universitari va compresa prendendo in considerazione i dati dal 2014 ad oggi, che parlano di 129 casi, al 60% di studenti dalit.



Inoltre, per comprendere appieno il fenomeno va anche sottolineato come tutti i suicidi si siano registrati nelle più rinomate e famose università internazionali dell’India, che ogni anno attirano centinaia di migliaia di studenti da tutto il mondo, con un tasso di ammissione dell’1%, pari ad appena 10mila persone. Un sistema universitario complesso e proibitivo, con regole di ammissione ben più rigide delle maggiori università americane, tra Harvard e il MIT, ma che garantisce agli studenti un futuro promettente in qualsiasi campo. All’interno di queste prestigiose università in India, per volere dei coloni inglesi, dal 1935 è obbligatorio ammettere il 49,5% di studenti appartenenti alle caste povere e svantaggiate, come politica a favore delle minoranze.



La piaga dei suicidi tra gli studenti universitari in India

Nonostante le politiche a favore delle minoranze promosse in India, per queste ultime sembra ancora piuttosto difficile integrarsi nella società e nella comunità accademica, con tassi di laurea molto più bassi degli studenti ricchi, anche per via dell’inferiore livello scolastico con cui si presentano in fase di ammissione. Inoltre, riporta Le Monde, l’élite indiana tende a vedere ed atteggiarsi ancora negativamente nei confronti delle caste povere anche, e soprattutto, nelle università.

Il fenomeno delle caste in India è spiegato bene da Odile Henry, sociologa e direttrice del Delhi Centre for Human Sciences, allo stesso quotidiano indiano. Gli studenti delle caste povere, infatti, vengono marginalizzati e lasciati a loro stessi dal sistema accademico, costretti a cercare di tenersi al passo senza nessun tipo di aiuto, e sotto pesanti discriminazioni, in un ambiente estremamente competitivo e stressante. “I Dalit e gli Adivasi sono in ritardo”, spiega Henry, “provengono da ambienti poveri o modesti, hanno poca istruzione, non sono abituati a studiare in inglese, alla pressione e allo stress” con l’effetto che pochi si laureano. Inoltre, i docenti tendono a considerarli inferiori, costringendoli a nascondere la loro origine povera per cercare di non essere esclusi.