L’Indonesia, tra i principali produttori ed esportatori di carbone in controtendenza rispetto alle prevsioni globali sulla transizione energetica sceglie di continuare a tenere aperte tutte le centrali e di aumentare la portata di questi sistemi industriali dipendenti dal combustibile fossile. Un piano che non rispetta gli accordi internazionali formati in occasione del G20, quando il paese aveva ricevuto 20 miliardi di dollari di aiuti per accelerare la decarbonizzazione e incrementare gli sforzi utili alla riduzione delle emissioni di Co2, non solo nell’area del Sud Est Asiatico, ma anche a livello mondiale.



Come riporta il quotidiano The Jerusalem Post, in un documento esaminato da Bloomberg viene evidenziata una “rapida crescita della flotta interna di impianti a carbone“, e questo costituisce un pericoloso precedente al quale altri stati si potrebbero accodare, mettendo a rischio così le decisioni prese in sede di summit dello scorso novembre, in base al quale l’impegno preso doveva  essere quello di mantenere la portata delle emissioni entro un limite per ridurre così anche il surriscaldamento globale.



Indonesia non rispetta accordi sul clima, governo aumenta la produzione di carbone

Nonostante l’accordo G20 sul clima che ha stanziato 20 miliardi di dollari per favorire la decarbonizzazione dei paesi meno avanzati, l’Indonesia, a causa della forte dipendenza dal combustibile fossile e della statalizzazione delle industrie che usano questa fonte di energia, decide di aumentare la produzione di carbone. Come evidenziato da molti quotidiani internazionali, dall’analisi dei finanziamenti messi a disposizione, emerge che ancora non sarebbe stato speso nulla per favorire la causa alla quale sono stati destinati. Non solo, invece di accelerare la chiusura di tali impianti a quanto pare il governo avrebbe deciso di potenziarne la portata, destabilizzando così tutte le decisioni prese dai leader mondiali.



Il progetto proposto doveva rendere l’Indonesia un modello da seguire per l’area del Sud Est Asiatico nella quale ancora la transizone energetica è in netto ritardo. Ora tutto sembrerebbe essere destinato ad un rinvio, soprattutto dopo la mancata presentazione dei dettagli operativi,  prevista per metà agosto. I rappresentanti di Stato saranno chiamati a rispondere pubblicamente e ad intervenire quanto prima, con uno sforzo per eliminare la rete di industrie statali a carbone e per investire in una rete energetica alimentata sempre di più da fonti rinnovabili, sistemi che attualmente risultano essere carenti e poco sviluppati in tutta la nazione.