Leggendo l’indagine trimestrale sulla raccolta ordini dei costruttori italiani di macchine utensili, elaborata dal Centro Studi di Ucimu, relativa al primo trimestre 2024 e confrontata con i risultati dello stesso periodo dell’anno precedente (-18,9%), parrebbe in atto un abbattimento della volontà di tutto il mondo industriale di investire sul proprio futuro.
Verrebbe da pensare a un futuro che agisce esattamente in contrapposizione con quanto proposto, negli ultimi 150 anni, dallo sviluppo industriale. Invece dobbiamo fare considerazioni diverse.
In primo luogo, è stato preso come livello base per costruire l’indice degli ordini l’anno 2021, il periodo di maggior ingresso di ordinativi da quando esiste la macchina utensile moderna. Di fronte a una crescita così rapida e significativa della raccolta ordini, le aziende italiane produttrici di macchine utensili si sono trovate in difficoltà nel rispondere alla domanda, sia nazionale che internazionale, per due precisi motivi: da un lato l’impossibilità di variare in tempi brevi la propria organizzazione produttiva, dall’altro la mancanza di molte materie prime essenziali per costruire i macchinari a causa del conflitto Russia-Ucraina e la minore disponibilità, in particolare da parte cinese, di materiali in quanto necessari a loro in questo momento di sviluppo industriale.
Sul mercato interno, inoltre, è stata sviluppata una comunicazione troppo incentrata sul divenire delle nuove incentivazioni (Piano transizione 5.0), che ancora non sono operative, facendo dimenticare quanto di buono ancora esiste sul fronte incentivi (Piano transizione 4.0): 20% di credito di imposta sul valore dei macchinari 4.0 interconnessi a cui aggiungere la Sabatini.
I continui annunci di partenza del Piano transizione 5.0 hanno di fatto bloccato anche chi la voglia e necessità di investire la sente.
Dando uno sguardo ai mercati stranieri, pur di fronte a una sostanziale tenuta, risulta evidente la difficoltà dell’economia tedesca che ha ridotto gli investimenti. Per sopperire a tale diminuzione le nostre aziende hanno dovuto, ancor di più, rivolgersi a mercati lontani come Usa, dove stiamo conquistando quote di mercato, Cina, che però mira a essere sempre più autosufficiente, India, un mercato difficilissimo per chi intende stabilire un rapporto che duri nel tempo, e Messico, in quanto Paese grande fornitore di tutto il Nord America.
Va inoltre sottolineato che le vicende belliche hanno bloccato ogni azione di sviluppo verso un grande mercato come la Russia.
Se invece guardiamo ai settori di sbocco è evidente come la transizione dal motore endotermico all’elettrico stia penalizzando un grande continente manifatturiero come l’Europa che, in alcuni casi, ha accentuato la sostenibilità ambientale a scapito di quella economica che potrebbe aver riflessi sul sociale.
Bastava porre degli obiettivi di sostenibilità ambientale da perseguire rispettando il principio di neutralità tecnologica. Le nuove tecnologie, finora più applicate al miglioramento della fabbrica, ritengo vadano spinte verso un maggior utilizzo in campi che creino vantaggi sia ai produttori di macchine che ai loro clienti: ad esempio, utilizzo dei dati rilasciati dalla digitalizzazione dei mezzi di produzione per lo sviluppo della manutenzione predittiva, e di tutto quanto attorno alla macchina può essere considerato servizio che ne accresca il valore.
Non ultimo va considerata la necessità di rendere disponibili mezzi produttivi a noleggio, in quanto sarà sempre più necessario saper rispondere a tutte le esigenze del cliente che potrebbe avere commesse di limitato periodo.
Spesso questo parrebbe essere in contrasto con la poca fungibilità dei beni strumentali, ma si tratta di un fenomeno in atto che obbligherà i produttori a ideare pacchetti per il cliente con soluzioni studiate ad hoc che comprendano macchine e servizi, tra cui la formazione.
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