La buona notizia è che nel 2022 l’agroalimentare ha fatto registrare un deciso aumento dei fatturati, con una crescita complessiva del valore generato. La cattiva notizia è che in questo settore crescono anche i default, con un tasso, che a fine 2022, si attesta attorno al 4%. Ovvero almeno 1 punto percentuale in più rispetto al 2021. A dirlo è uno studio realizzato da CRIF Ratings, agenzia di rating del credito del gruppo CRIF, condotto su un campione di circa 11.000 aziende italiane del comparto.



“Questo peggioramento così marcato del food & beverage – spiega Luca D’Amico, Amministratore delegato di CRIF Ratings – è il riflesso della forte esposizione del comparto all’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, mentre la crescita record dei fatturati è riconducibile prevalentemente alla spinta dell’inflazione, che ha portato le imprese dell’agroalimentare a rialzare i prezzi dei propri prodotti a listino”.



E, purtroppo, le proiezioni non spingono a essere troppo ottimisti. “Nel 2023 – dice D’Amico -, crediamo che i fatturati continueranno a progredire per effetto dell’inflazione, ma allo stesso tempo i margini operativi resteranno sotto pressione a causa degli elevati costi energetici e delle oscillazioni del prezzo delle materie prime”.

E non è tutto. A pesare c’è anche l’indebitamento. A causa della pandemia – rileva il rapporto di CRIF Ratings – le aziende dal 2020 hanno fatto maggiore ricorso al credito, accumulando una massa di debiti che ha portato a un marcato squilibrio verso il margine operativo lordo. E a questo si deve aggiungere che il riassesto, con il ritorno ai livelli pre-Covid, viene rallentato attualmente da un contesto macroeconomico ancora instabile. Così come rallentato è anche l’apporto dell’autofinanziamento delle imprese attraverso la gestione operativa, che mostra un andamento molto più basso rispetto alla media italiana, andando a scapito della sostenibilità economica degli impegni contratti.



Non certo un buon punto di partenza per guardare con ottimismo alle sfide che si aprono davanti alla food industry: il settore agroalimentare – si legge nel report di CRIF Ratings – deve infatti investire sulla digitalizzazione dei processi, sulla tracciabilità delle filiere, nonché sull’ottimizzazione delle risorse idriche ed energetiche, così come su tutti quei fattori che vanno a comporre gli indici ESG (Environmental, Social, Governance). Indici su cui il comparto mostra il fianco: ben il 95% delle aziende del settore totalizza infatti punteggi negativi o pessimi.

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