“Occorre un piano ragionato di intervento a stimolo e sostegno degli investimenti in nuove tecnologie di produzione. Il processo di trasformazione digitale avviato da ormai un quinquennio non è certo concluso e, anzi, si è in parte arrestato in questi mesi di emergenza sanitaria. È invece importante che la trasformazione in atto continui e raggiunga anche quelle imprese che fino ad ora sono rimaste escluse”. Lo ha detto Massimo Carboniero all’assemblea annuale dell’Ucimu, l’associazione dei produttori di macchine utensili e sistemi per produrre, svoltasi a Cinisello Balsamo. Era presente il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, alla sua prima uscita pubblica presso una federazione di categoria, dopo l’assemblea annuale di Viale dell’Astronomia. Dopo quattro anni di mandato, Carboniero – Ceo di Omera – passa il testimone di leader Ucimu a Barbara Gazzada, amministratore delegato di Ficep.
“Il Recovery Fund varato ora dall’Europa – ha sottolineato Carboniero – è la migliore e più grande occasione per scegliere la via della crescita e dello sviluppo del nostro paese. Alle autorità di governo chiediamo di ragionare attentamente sull’utilizzo e l’allocazione delle risorse che spettano al nostro paese, affinché non solo siano indirizzate – come è richiesto – a provvedimenti per lo sviluppo ma affinché sia fatta una scelta oculata dando precedenza a quelli realmente attivatori della crescita del sistema economico del paese. È questo il caso dei provvedimenti per l’innovazione e la competitività. Occorre proseguire, ben oltre il 2020, con il Piano Transizione 4.0 che di fatto permette il credito di imposta sui macchinari acquisiti nell’anno in corso. L’ideale sarebbe trasformare il Piano Transizione 4.0 in provvedimento strutturale. Anche per tramite di Confindustria, chiediamo di abbandonare la logica dell’intermittenza con cui fino ad oggi è stata definita l’operatività di tutte le misure a favore delle imprese. Lo “stop and go” legato all’inserimento dei provvedimenti per la competitività nelle Leggi di Bilancio, piuttosto che nei Decreti creati ad hoc nel corso dell’anno, ne ha comunque ridotto l’efficacia”.
“Se ciò non fosse possibile, è comunque indispensabile che l’operatività delle misure in esso contenute non sia inferiore ai tre anni. Meglio ancora se allungata a 5 anni. Solo così, infatti, permetteremo alle imprese di programmare realmente gli investimenti per l’ammodernamento e la digitalizzazione dei propri stabilimenti produttivi. E solo così renderemo più omogenea la distribuzione del carico di lavoro delle imprese fornitrici di tecnologia 4.0. “In ogni caso ciò su cui si deve assolutamente intervenire è l’aumento dei massimali su cui applicare il credito di imposta e la rimodulazione delle aliquote del credito di imposta sia per gli acquisti di nuovi macchinari sia per gli acquisti di nuovi macchinari dotati di tecnologia 4.0. In particolare, per gli acquisti di nuove macchine utensili – per capirci quelle che in passato erano soggetti al superammortamento – chiediamo di raddoppiare l’aliquota del credito di imposta ora fissata al 6%.
“La trasformazione dell’industria manifatturiera italiana è un fatto graduale. Ci sono aziende che sono già arrivate ad una fase molto avanzata di digitalizzazione. Ve ne sono altre invece che hanno bisogno anzitutto di svecchiare il parco macchine presente nelle loro officine. Dobbiamo accompagnare le imprese nella loro crescita a qualsiasi stadio di innovazione esse si trovino. Perché l’aggiornamento dei macchinari può attivare poi successivamente la trasformazione digitale. Nuove tecnologie impongono infatti nuove conoscenze e trainano una vera e propria rivoluzione non solo della produzione ma anche dei processi. Tutto questo ha a che fare con l’aggiornamento del personale impiegato in azienda”.
“Molto più che in altri sistemi economici, l’Italia si regge su un sistema di PMI, per lo più di proprietà e a gestione familiare, ne deriva quindi che il fattore umano sia ancor più determinante per il successo della stessa impresa. A questo proposito noi costruttori di macchine utensili proponiamo di rivedere il provvedimento sulla formazione 4.0, affinché nel calcolo del credito di imposta sia compreso non solo il costo del personale impegnato nella formazione per le ore di aggiornamento svolte ma anche il costo dei formatori, l’aspetto più oneroso, specialmente per una PMI.
“Oltre alla formazione continua è poi importante considerare anche la formazione di base e, in particolare, la formazione tecnica di base, troppo spesso bistrattata e sottovalutata. In un paese che è afflitto dal 30% di disoccupazione giovanile, nel nostro settore è ancora difficile trovare giovani risorse preparate ad operare su macchine di ultima generazione: meccatronici, elettronici, informatici ed esperti in tecnologie della produzione. Si tratta di un deficit scolastico gravissimo che va in ogni modo colmato. Le autorità di governo devono assolutamente lavorare al potenziamento degli ITS, guardando alle esperienze di grande successo della Germania”.
“Se l’innovazione è il primo driver dello sviluppo delle nostre aziende, il secondo è quello dell’internazionalizzazione, tema oggi legato a doppio filo a quello della digital transformation, in grado di abilitare funzionalità e servizi utili per le nostre imprese, da sempre grandi esportatrici. Se è vero che le tecnologie digitali sono sistemi di abilitazione dell’attività di internazionalizzazione – penso ad esempio alla manutenzione a distanza e alla manutenzione predittiva – è altrettanto vero che questa attività non può prescindere dal presidio diretto dei mercati e dal momento di incontro tra le persone. Non tutto può essere fatto in web chat”.
“ll blocco e, ora, le limitazioni alla mobilità imposte da questa emergenza, stanno fortemente condizionando l’operato delle aziende sui mercati esteri e questo è un grave danno per un settore che esporta più della metà della produzione nazionale. Per questo abbiamo chiesto, nel rispetto delle norme sanitarie, di ragionare su una possibile revisione delle procedure da mantenere nel caso di trasferte, oggi fortemente frenate dalla necessità di rispettare periodi di quarantena al rientro dall’estero. Il blocco dei dipendenti per 14 giorni diviene un problema di difficile gestione perché rischia di paralizzare l’attività aziendale a causa della mancanza di personale.”
“In questo modo, al problema della crisi della domanda degli investimenti dovuta al contesto, va ad aggiungersi quello dell’impossibilità di procedere con il lavoro che c’è. In tema fieristico, apprezziamo il supporto garantito dalle autorità di governo attraverso il Patto per l’Export con cui SACE e SIMEST affiancano le imprese garantendo anche contributi a fondo perduto a quelle che decidono di partecipare a fiere in Italia e all’estero. Principale strumento di marketing per le imprese del settore, le manifestazioni fieristiche programmate nella prima parte del 2020 sono state tutte sospese o annullate. La prima dedicata al comparto sarà BI-MU, in programma dal 14 al 17 ottobre a fieramilano, che vuole essere anzitutto un modo per affermare la forza dell’Italia nello scenario internazionale di settore”.