“Il 2021 sarà un anno cruciale anche per il nostro settore: siamo fiduciosi perché abituati ad impegnarci nelle nostre imprese”. Barbara Colombo, da pochi mesi presidente di Ucimu-Sistemi per produrre, non ha nascosto – nella conferenza stampa di fine anno – l’eccezionalità della frenata delle macchine utensili nell’anno del Covid. Nel 2020, la produzione è scesa a 4.970 milioni di euro, segnando un calo del 23,7% rispetto all’anno precedente. Hanno ceduto sia le consegne dei costruttori italiani sul mercato interno (-28,2%, a 2.090 milioni di euro), sia l’export (-20%, a 2.880 milioni).



A parte la Turchia (+17%), tutti i grandi mercati – dall’Europa, agli Usa, dall’America Latina alla Cina – hanno segnano arretramenti annuali a due cifre percentuali. Ma sono anche i mercati dove le stime preannunciano rimbalzi annuali subito a due cifre: naturalmente se le speranze legate al vaccino saranno concretizzate. Secondo le previsioni elaborate dal Centro Studi UCIMU, la produzione crescerà a 5.795 milioni (+16,6% rispetto al 2020), trainata dal recupero delle esportazioni che si attesteranno a 3.220 milioni di euro (+11,8%) e dall’incremento delle consegne dei costruttori sul mercato interno che saliranno a 2.575 milioni di euro (+23,2%).



“Dovremo però attendere fino al 2023 per rivedere i livelli pre-Covid”, sottolinea Colombo, che tuttavia non considera affatto marginale la resilienza mostrata delle imprese italiane. “Con i trasporti internazionali virtualmente paralizzati, i canali commerciali digitali ci hanno dato risultati importanti, senza dimenticare i test di Industria 4.0 sul campo dell’emergenza, con l’applicazione dei sistemi evoluti di controllo in remoto delle macchine”.

Un settore squisitamente tecnologico – colonna del Made in Italy – sta quindi reagendo con forza a una pressione senza precedenti: che ha alzato ulteriormente l’asticella della competizione globale. “L’anno prossimo capiremo quanti fra i nostri associati avranno resistito fino in fondo ai lockdown – dice Colombo – meglio se rafforzandosi in vista di una nuova fase concorrenziale”.  Non c’è tempo da perdere e non certo per caso la fieristica italiana di settore – fiore all’occhiello internazionale – morde il freno per tornare alla normalità già nel 2021:  “Sarà anzitutto l’anno di EMO MILANO 2021, che torna in Italia dopo sei anni e dopo il successo dell’edizione 2015 presentandosi di fatto come primo appuntamento fieristico internazionale dopo circa un anno e mezzo. Anche per questo crediamo che EMO MILANO, che agisce da sempre come moltiplicatore della domanda di macchine utensili, avrà un effetto ancor più dirompente sugli investimenti in sistemi di produzione e tecnologie 4.0″.



Ma l’anno prossimo sarà anche un banco di prova decisivo per “Transizione 4.0”: che per il quinto anno il progetto italiano di legge di stabilità finanziaria cita alla voce “piano nazionale per la digitalizzazione manifatturiera”. La valutazione del presidente Ucimu è nel complesso positiva:  “Con la conferma del Piano Transizione 4.0, le autorità di governo hanno dimostrato di aver ben compreso il valore di questo programma anche perché hanno previsto il potenziamento delle misure in esso contenute, alzando le aliquote, i tetti di spesa e la durata dell’operatività fissata a fine 2022”.

Come ogni piano, Transizione 4.0 resta ovviamente un “cantiere perfettibile”. “Pur apprezzando l’estensione fino al 2022 della validità delle norme – ha sottolineato Colombo – crediamo che un biennio sia ancora un periodo troppo breve per assicurarne la piena efficacia. Come già più volte abbiamo segnalato occorrerebbe trasformare il credito di imposta per gli investimenti in macchinari, siano essi tradizionali o interconnessi/4.0, in misure strutturali o almeno con una durata quinquennale, così da permettere realmente alle imprese una corretta pianificazione degli investimenti nel tempo”. Ancora: “Riteniamo che il credito di imposta sia la misura più adeguata perché di semplice utilizzo e applicabile anche alle imprese che non hanno utili. Avremmo però preferito che il piano prevedesse una doppia via, aggiungendo al credito di imposta le misure già conosciute di super e iperammortamento (che garantiscono un beneficio fiscale simile a quello del credito di imposta), con l’obiettivo di lasciare le imprese libere di scegliere il provvedimento più adatto alla propria situazione”. Infine: “Siamo soddisfatti della decisione delle autorità di governo di inserire, come richiedevamo ormai da tempo, nel calcolo del credito di imposta sulla formazione, oltre al costo delle ore del personale per il tempo impiegato nell’attività di aggiornamento, anche il costo del formatore. Il docente è senza ogni dubbio, soprattutto per le PMI il costo più rilevante per lo svolgimento di questa attività. Questa misura non solo stimolerà le aziende ad avviare la formazione ma le invoglierà a scegliere i docenti più preparati”.

“La manifattura resta la struttura portante dell’Azienda-Paese –  ha sottolineato la leader Ucimu – e la crescita dimensionale delle imprese è un tema che si profila sempre più sfidante, soprattutto nei settori più esposti all’innovazione e quindi alla necessità di investire”. Per questo – dal punto di vista Ucimu – assumono più profilo le riflessioni attorno all’utilità di introdurre benefici fiscali ad hoc per processi di aggregazione fra aziende, attraverso fusioni e acquisizioni.