A marzo la produzione industriale italiana è scesa dello 0,6% rispetto al mese precedente, un calo congiunturale molto più contenuto di quello che è stato registrato in Germania (-3,4%), e che non ha comunque pesato più di tanto sulla crescita del Pil del primo trimestre dell’anno, attestasi allo 0,5%, ben oltre le previsioni. Cosa c’è dietro questa buona performance dell’economia italiana?
Vittorio Coda, Professore emerito dell’Università Bocconi, dove ha insegnato Strategia e Politica Aziendale, ha curato un volume, edito da Treccani, dal titolo “Il segreto italiano. Tutta la bellezza che c’è”, in cui insieme a colleghi di varie discipline e Università «abbiamo cercato proprio di capire come sia possibile che, pur con tutti gli ostacoli che ci sono al fare impresa, l’Italia sia nelle primissime posizioni europee e mondiali in molteplici settori produttivi. Le imprese del segreto sono ciò che sta dietro alla buona performance dell’economia italiana».
Com’è possibile che ci siano risultati economici così importanti?
La risposta sta per l’appunto nelle tante imprese manifatturiere straordinarie, in prevalenza di medie dimensioni, già identificate nella letteratura come multinazionali tascabili o poi oggetto di interesse da parte della Fondazione Edison e dell’Area Studi Mediobanca con le loro indagini sul cosiddetto Quarto capitalismo. Dobbiamo essere orgogliosi di queste aziende che ci sono invidiate in tutto il mondo e che meriterebbero una maggior attenzione da parte del Legislatore e del Governo. Andrebbero incoraggiate, sostenute affinché continuino a crescere fisiologicamente e il loro numero aumenti. E sarebbe auspicabile che la buona gestione che le contraddistingue si estendesse alle Pubbliche amministrazioni e a ogni altra organizzazione produttiva.
Vedendo i dati dell’ultimo anno sembrerebbe che queste imprese siano riuscite ad affrontare le difficoltà determinate dal caro energia meglio di quanto fatte da quelle tedesche.
Si tratta di aziende eccellenti, nate e cresciute nonostante il contesto ostile all’intraprendere, che nonostante ciò hanno consentito all’Italia di reagire meglio degli altri Paesi sia alle problematiche della fase post-Covid, sia a quelle energetiche innescate dalla guerra in Ucraina.
Cosa dovrebbe fare la politica per aiutare queste imprese?
Dovrebbe prima di tutto prendere coscienza di quanto esse sono preziose per l’economia del Paese e operare, di concerto con le parti sociali, per il diffondersi dello spirito d’impresa che le anima ed è alla base della buona gestione. La “qualità del management” è variabile della massima rilevanza nella vita economica e la politica dovrebbe operare per il diffondersi della “cultura della buona gestione” in tutto il tessuto produttivo, avendo ben chiaro che essa non è fatta solo di competenze, ma anche di etica e di valori antitetici a quelli alla base di pratiche clientelari, corruttele, logiche corporative. È poi di fondamentale importanza snellire, semplificare, rendere più efficiente il lavoro delle pubbliche amministrazioni. Si pensi che nello scorso anno noi siamo stati il fanalino di coda in Europa nella produzione di energie pulite non perché le nostre imprese, con Enel in testa, non fossero capaci di porre l’Italia in primissima posizione nella costruzione di impianti fotovoltaici ed eolici, ma soltanto a motivo delle lungaggini autorizzative e burocratiche pendenti sulla realizzazione di nuovi impianti.
È da tempo che si parla e si legifera in materia di semplificazioni, ma i risultati tardano ad arrivare…
Il codice degli appalti varato nel 2016 dal Governo Renzi con Graziano Delrio ministro delle Infrastrutture era una riforma strutturale che recepiva correttamente la normativa europea con regole semplici che chiudevano le strade alla corruzione, ma poi, invece di darne attuazione procedendo alla digitalizzazione di tutte le attività di cui si componevano i processi di appalto, esso è stato via via snaturato da una serie di emendamenti. Purtroppo, in tema di appalti pubblici non si è ripetuta l’esperienza felice del Decreto Ronchi che nel 1997 aveva recepito nella lettera e nello spirito la normativa europea in materia di smaltimento dei rifiuti dandone una attuazione che ha fatto dell’Italia il Paese più virtuoso in Europa.
Il Governo pare intanto intenzionato ad agevolare le imprese sul fronte fiscale.
L’abbattimento del cuneo fiscale – che incide pesantemente sul costo del lavoro e sul costo dell’energia ponendo in una situazione di svantaggio le nostre imprese rispetto a quelle degli altri Paesi con cui si confrontano – è obiettivo fondamentale, che peraltro non può perseguirsi in misura consistente se non si liberano risorse aumentando la produttività di tutto l’apparato della Pubblica amministrazione. Bene che il Governo abbia cominciato a intervenire sul cuneo fiscale del lavoro, ma non deve limitarsi solo a questo. Spero, inoltre, che l’Esecutivo rilanci Industria 4.0, che ha dato risultati importanti negli anni scorsi e può continuare a darne.
Ci sono intanto dei timori su un possibile credit crunch. C’è da preoccuparsi?
Credo che la cosa fondamentale è che le banche facciano bene il loro mestiere di erogatori del credito attraverso una corretta valutazione delle richieste di finanziamento. Nelle grandi banche il credito non è più centrale come un tempo ed è andata producendosi una grande distanza tra banche ed economia reale. Questi istituti non hanno mantenuto la presa sui territori e sull’economia reale che contraddistingueva le banche popolari e le casse di risparmio che sono state le artefici dello sviluppo economico nel nord e centro Italia e sono state poi via via consolidate in gruppi più grandi. Si avverte oggi nei territori un bisogno enorme di prossimità del sistema creditizio ai bisogni delle imprese.
Questa distanza tra banche ed economia reale è stata in qualche modo favorita dai regolamenti del Comitato di Basilea?
Sì, con queste regole si è data troppa importanza agli algoritmi nella valutazione del merito creditizio, mentre si dovrebbe anche andare a visitare le imprese come un tempo facevano i bravi banchieri, per conoscerne a fondo il business, la strategia, le persone. Ci sono, infatti, aziende che meritano piena fiducia e vanno sostenute anche se gli algoritmi dicono che non si dovrebbe concedere loro credito.
(Lorenzo Torrisi)
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