Anche la BI-MU n. 34 è storia. Si è conclusa sabato 12 ottobre spegnendo i riflettori sul meglio della produzione internazionale del settore che sta alla base di tutto il manifatturiero.
La manifestazione ha avuto anche una vivace capacità di rappresentare l’elevato contenuto culturale che sta alla base dei costanti miglioramenti tecnologici che la necessità di un continuo miglioramento della competitività impone al settore. Da sottolineare altresì la volontà degli organizzatori di rappresentare, oltre alla situazione di fatto raggiunta, il pensiero dei giovani sull’evoluzione del settore tramite la presentazione di progetti di sviluppo, nel campo della robotica, da parte di studenti delle scuole superiori provenienti da tutta Italia. Questo, assieme alla forte partecipazione dei giovani (oltre 4.000 in visita) dimostra come la meccanica e gli sviluppi che da esse provengono – elettronica, digitalizzazione, sensoristica e altro – non sono materia abbandonata dalle nuove leve.
Per quanto riguarda la fiera quale entità capace di portare il frutto di studi, progettazione e realizzazione al giudizio del mercato, è orgoglio degli organizzatori poter affermare che, nonostante le difficoltà economiche del momento, 34.BI-MU è stata capace di porsi, ancora una volta, come evento di riferimento per tutta l’industria della macchina utensile, robotica, automazione, digital e additive manufacturing. È cresciuto il numero di espositori (diretti e indiretti) anche se ha sofferto una limitata riduzione degli spazi espositivi.
Tale riduzione è, in particolare, dovuta alla scelta di alcuni espositori di organizzare, in contemporanea, le cosiddette manifestazioni interne alle aziende meglio conosciute come open house. È evidente che ogni azienda ha il diritto di scegliere come meglio presentarsi al mercato; io però continuo a pensare che mentre le open house sono atte a presentare propri prodotti a clienti “conosciuti” arrivando a fidelizzarli, le fiere siano il modo più efficace per avere un contatto con la “globalità” del mercato e per mostrare le proprie competenze. Il fatto che queste vengano organizzate nel periodo “BI-MU” è sicuramente elemento di disturbo per la fiera, ma fa anche capire quanto sia importante “accostarsi” a un brand come “BI-MU” e con ciò dichiararne l’importanza comunicativa.
Dato il numero importante di operatori intervenuti durante i 4 giorni di manifestazione (circa 35.000), provenienti principalmente dall’Italia, ma anche da diverse aree industriali del globo, è stato reso proficuo l’investimento per gli espositori molti dei quali sempre più notano le differenze delle manifestazioni fra le edizioni attuali e quelle passate: i visitatori sono meno numericamente, ma di una maggiore qualità. Non ci sono più le frotte di persone che visitavano la fiera perché appassionati delle macchine alle quali erano dedicati i fine settimana, ma i visitatori arrivano preparati, sanno che cosa cercano e si fermano a discutere meglio negli stand di loro interesse.
Questo nuovo approccio è apprezzato dagli espositori perché, pur implicando una maggiore presenza di proprio personale con capacità tecniche per dare risposte a interlocutori molto prepararti, riduce i tempi dedicati all’accoglienza dei curiosi, pur con l’accezione positiva del termine.
Gli operatori professionali hanno poi apprezzato la possibilità di assistere alle presentazioni di colleghi o concorrenti pensate per spiegare sia le motivazioni della loro presenza in BI-MU che la varietà della gamma produttiva.
BI-MU indica, come anche altre grandi manifestazioni, che il “metodo fieristico” anche nelle difficoltà del momento è vivo, ha capacità di rispondere alla volontà dei clienti di vedere più competitori in un medesimo luogo per ridurre i tempi necessari a comprendere quale fornitore può meglio rispondere alle proprie necessità.
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