Emo Milano 2021 si sta dimostrando un grande successo. Trentaquattro Paesi di provenienza degli espositori e più di sessanta dei visitatori stanno a mostrare l’importanza della manifestazione e l’incidenza che la stessa avrà sulle attività delle aziende, in particolare per le Pmi, molte delle quali vedono in Emo l’unica possibilità per presentarsi sui mercati internazionali.
Approfittiamo di questo importante evento per riflettere sulle manifestazioni fieristiche di livello e “corposità” internazionale riguardanti, particolarmente, il mondo dei sistemi di produzione. Due sono le principali cause che impongono la necessità di “pensarci”.
Il prorompente ingresso della Cina come acquirente di tecnologia e la possibilità di relazionarsi via web con tutte le componenti della catena produttiva e commerciale. Dando per scontato che le aziende europee non potranno diminuire il budget per la presenza sul mercato Usa, in merito al primo accadimento è evidente che essendo invogliate e costrette a investimenti fieristici sul mercato cinese distoglieranno parte dei fondi prima utilizzati per la presenza in fiere europee.
Ci sono però due fattori che limiteranno gli interventi economici per presidiare il mercato cinese. Non esiste una necessità da parte dell’associazione dei costruttori cinesi di macchine utensili di incrementare l’investimento promozionale e organizzativo per presentare fiere aldilà di tre aree: Pechino, Shanghai e Shenzhen. Chi potrà presenziare con continuità e con successo a queste manifestazioni? Solo aziende medio/grandi che abbiano un’organizzazione di vendita e post-vendita ben strutturata sul territorio. Non è certo spazio agevole per le Pmi che rappresentano più del 90% dell’intero comparto, non solo in Italia ma a livello europeo.
Balza allora in tutta evidenza che una fiera biennale di livello mondiale che si svolga, alternativamente, ma con un unico fil rouge, nel nord e nel sud europeo è imprescindibilmente da organizzare per permettere specialmente alle Pmi di settore di compiere la loro fondamentale attività di marketing: presentare i prodotti sui mercati.
È evidente che l’alternanza debba essere ben comunicata affinché tutto il mondo manifatturiero comprenda che Emo è un’unica entità, con una medesima forza, sia se organizzata ad Hannover che a Milano.
Va, naturalmente, ogni edizione, come già avviene, aggiornata nei contenuti e nei metodi comunicativi. In riguardo alla rappresentazione virtuale non può che limitarsi alla complementarietà nei confronti della fiera fisica. Su ciò incidono motivi di relazione ma anche di possibilità attuativa.
La fiera virtuale non può limitarsi a periodi brevi come le fisiche: se hai disponibile una piattaforma è corretto utilizzarla per 365 giorni. Ciò impone due attività insopportabili per le Pmi: dovrebbero costantemente intervenire, con notevole costo, sull’aggiornamento dei prodotti presentati; avrebbero necessità di rendere disponibili operatori per 24 ore per rispondere immediatamente a domande provenienti da qualunque potenziale cliente ovunque sia residente nel mondo.
Diversamente potrebbe essere valida la rappresentazione web di quanto presente e discusso in una fiera fisica: essa fermerebbe la “fotografia” a un momento definito e diverrebbe una prosecuzione di contatti già avuti in fiera o di contatto con nuovi potenziali clienti che, allungando il periodo di esposizione fieristica, sarebbero incuriositi più dal comprendere le capacità di un espositore di risolvere un problema, con evidente disponibilità a un maggior tempo per ricevere risposta, che non al prodotto che appare esposto. Ciò perché tutti si renderebbero conto che quel prodotto non è “di giornata”, ma è quanto presentato in una fiera già terminata.
Da tutto quanto scritto discende che le fiere fisiche europee, specialmente riferendosi a quelle organizzate su espressa volontà e decisione dagli imprenditori di settore, hanno un futuro impegnativo, ma se collegate alla loro reale missione che non è il risultato economico ma l’accrescimento della capacità competitiva di settore, potranno svilupparsi nel continente europeo per il quale il manifatturiero è l’essenza industriale e, all’interno del quale, i consumi di sistemi di produzione rappresentano quantitativi di interesse irrinunciabile.
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