L’obiettivo di renderla il perno della business strategy è ancora lontano: riguarda solo 1 azienda su 10. Ma l’economia circolare è ormai al centro dell’attenzione della food industry. I dati rilevati da una recente indagine condotta da DNV e World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) su 793 aziende appartenenti a diversi settori in Europa, Nord America, Centro e Sud America e Asia, tra cui circa un centinaio che operano nel settore alimentare, lo rivelano chiaramente.
Secondo l’indagine, infatti, il 23% delle aziende food ha incluso le istanze della circular economy nei propri piani di sostenibilità, mentre più del 43% si sta interrogando sulla loro integrazione nella propria roadmap strategica. E ben il 50% ha già implementato un’iniziativa ispirata all’economia circolare. Il tutto coinvolgendo spesso anche gli altri attori attivi nelle rispettive filiere.
A spingere le aziende alimentari verso questa direzione un variegato mix di fattori. Innanzitutto, l’opportunità di riduzione dei costi, grazie al miglioramento dei processi e all’ottimizzazione delle risorse in ottica circolare: un aspetto valutato da ben il 63,2% del campione. In seconda istanza, la capacità delle iniziative ispirate alla circular economy di incidere sulla reputazione aziendale (51%) e di trattenere i clienti nel tempo, ovvero di sviluppare customer retention (38%).
Tutti plus che sembrano peraltro capaci di andare oltre la teoria. Lo studio documenta infatti che le aziende impegnate in progetti, azioni o strumenti costruiti sui principi dell’economia circolare hanno riportato benefici concreti. Il 58% del campione, ovvero il 4% in più rispetto alla media, ha segnalato vantaggi in termini di risparmio, il 47% ha rilevato un miglioramento della reputazione della marca (+7% rispetto alla media), il 37% ha registrato un vantaggio competitivo (+5%) e il 26% ha riscontrato un potenziamento della soddisfazione dei clienti (+8%).
Non tutto è oro però quel che luccica. Sulla strada dell’economia circolare permangono infatti anche irrisolti nodi critici. A frenare le aziende intervengono innanzitutto i costi, segnalati dal 41% degli intervistati. Ma non solo. A remare contro ci sono anche la mancanza di un quadro di riferimento tecnico e legale comune (41%) e l’assenza di incentivi economici e normativi (38%).
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