Giovedì e venerdì si terrà un Consiglio europeo importante in cui si discuterà anche del Piano industriale green con cui l’Ue intende rispondere all’Inflation reduction act (Ira) varato negli Stati Uniti. La scorsa settimana, il giorno precedente alla prima riunione del Consiglio direttivo della Bce, altro appuntamento cruciale per i Paesi dell’Eurozona, la Commissione europea aveva ribadito la volontà di allentare le regole sugli aiuti di Stato e l’intenzione di dar vita entro l’estate a un fondo sovrano comune, come annunciato da Ursula von der Leyen a Davos.
La Germania è però contraria a nuove iniziative comuni dopo il Next Generation Eu e il ministro dell’Economia Habeck è volato, insieme all’omologo francese Le Maire, a Washington in una missione coordinata con Bruxelles proprio per cercare di “difendere condizioni paritarie tra Usa e Ue”. Abbiamo fatto il punto con Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino.
Professore, cominciamo dalla decisione della Bce di alzare i tassi di mezzo punto percentuale. Cosa ne pensa?
Credo che fosse un atto dovuto, perché di fronte alle decisioni della Federal Reserve l’euro rischiava di deprezzarsi troppo. I forti rialzi varati negli Stati Uniti hanno reso obbligatoria una risposta della Bce, che ritengo sia stata sensata: avrebbe potuto, infatti, alzare i tassi di 75 punti base.
Ha sorpreso più che altro il fatto che sia stato già annunciato un rialzo a marzo, che dovrebbe essere di un altro mezzo punto. Nell’Eurozona, quindi, in due mesi i tassi saliranno dell’1%, mentre la Fed la scorsa settimana ha varato un incremento dello 0,25%…
Non bisogna dimenticare che la Fed ha iniziato i rialzi molto prima della Bce e quindi c’è sempre il problema di un divario di tassi tra le due sponde dell’Atlantico che rischia di far muovere i capitali verso gli Usa a scapito dell’Europa.
Questo rialzo dei tassi fa crescere, però, il rendimento dei nostri titoli di Stato e con esso il costo del debito che incide poi sul bilancio pubblico.
È così. L’Italia fortunatamente è riuscita a posizionare il debito pubblico con scadenze abbastanza lunghe, ma resta il fatto che c’è una gran mole di titoli da rifinanziare. Il rialzo dei tassi ha effetti anche sul credito per le imprese che diventa più oneroso. Occorrerà, dunque, che le aziende che ne hanno bisogno per la gestione corrente vengano aiutate a non andare in sofferenza, anche tramite processi di fusione o di specializzazione produttiva.
A proposito di imprese, nei prossimi giorni proseguirà la discussione sulla risposta dell’Ue all’Ira degli Stati Uniti. Cosa pensa da quanto è finora emerso?
Da quel che si è compreso, gli Stati Uniti intendono tornare a essere il centro manifatturiero del mondo. L’Ue può in parte rispondere con una “carbon tax” sulle importazioni, ma occorre anche un piano green più deciso che non può essere basato solo sugli aiuti di Stato: bisognerà arrivare a un fondo con garanzia europea.
Che entità dovrà avere questo fondo? Dovrà essere simile a quella del Next generation Eu?
Sì, sia come portata che come arco temporale. Deve trattarsi di un fondo che sostenga non episodicamente le imprese, ma che permetta di costruire un lungo piano di crescita che abbia un progetto di fondo.
Concretamente gli investimenti dovranno essere effettuati dai privati. Ai Governi toccherà, quindi, un ruolo di “direzione”.
In un’economia di mercato dirigere vuol dire non solo creare infrastrutture, ma anche cercare di individuare, settore per settore, il contributo che si può dare in modo che ci siano le condizioni per rendere possibili determinate produzioni. Per fare un esempio, creando scuole e università che forniscano formazione e specializzazione utili per le imprese di un certo settore. Sarà in ogni caso necessario uno stretto dialogo tra istituzioni pubbliche e aziende.
Cosa pensa invece della missione dei ministri dell’Economia di Francia e Germania a Washington? Non le sembra un po’ particolare che vadano i rappresentanti di questi due Paesi a trattare con gli Usa per tutta l’Ue?
Sì, lo è, ma non dimentichiamo che Francia e Germania da sole rappresentano la maggior parte del Pil e della popolazione europea. Inoltre, i Governi di questi due Paesi non godono di buona salute e con questa missione cercano di riacquistare un po’ di fiato politico. Ciò vale soprattutto per l’Eliseo.
Cosa dovrebbe fare l’Italia in vista del Consiglio europeo di giovedì-venerdì?
Secondo me, è necessario convincere i tedeschi che la soluzione europea è migliore di quelle nazionali, anche perché c’è il serio rischio che nei prossimi 2-3 anni diverse imprese europee spostino le loro produzioni negli Stati Uniti. In questo momento, in ottica Ue, siamo più vicini alla Francia che alla Germania, quindi dobbiamo cercare di fare leva su questi migliori rapporti con Parigi per fare in modo che anche Berlino si allinei, e contribuire a creare un fronte comune con altri Paesi. Bisognerà essere pronti a trattare, perché probabilmente la Germania vorrà qualcosa in cambio.
(Lorenzo Torrisi)
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