Nella recente Giornata nazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza siamo stati tutti invitati a riflettere e ad intervenire per quanto di nostra competenza, anche alla luce della recente pandemia. Le diverse manifestazioni di quest’anno si sono concentrate proprio sul vulnus che il Covid 19 ha inferto ad un tessuto di diritti ancora troppo fragili e troppo spesso a rischio. Non c’è dubbio che sono e saranno i bambini e gli adolescenti a portare a lungo le tracce di questo strano anno bisestile, che li sta privando di molte esperienze importanti per il loro sviluppo, compresa la scuola. Viene meno l’esperienza della libertà di muoversi, di fare sport, soprattutto sport a squadre, con amici e avversari. Si riduce la possibilità di sperimentare il senso dell’avventura, di esplorare spazi nuovi, di mettersi in gioco, magari anche a rischio! Ma soprattutto sono fortemente limitati i rapporti diretti con i coetanei, il confronto con loro, lo scambio di idee, i programmi condivisi, quello straordinario rituale che prevede non solo le liti ma anche il rappacificarsi, dopo aver sperimentato la possibilità di chiedere scusa, di perdonare e di ricominciare.



La Giornata nazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è quindi sempre un’occasione preziosa, soprattutto per loro e con loro, per riflettere sui diritti traditi in questa particolare circostanza, a cominciare dalla povertà educativa che priva i minori delle occasioni necessarie per sviluppare talenti e capacità, impedendo loro di diventare protagonisti del proprio progetto di vita.



In questa occasione Save the Children ha diffuso l’undicesima edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, intitolato Con gli occhi delle bambine, in cui si sottolinea come l’Italia si sia fatta trovare impreparata dagli effetti del Covid-19 sull’infanzia e in particolare sulle bambine. Oltre un milione e mezzo di loro dovranno fare i conti con le diseguaglianze di genere sistematiche e radicate nella società italiana fin dalla più tenera età. Si tratta di bambine e di ragazze che secondo Save the Children rischiano di trovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione. In altre parole, rischiano di non avere alcun progetto per il proprio futuro, restando indietro rispetto ai propri coetanei. Dal canto suo la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza ha appena pubblicato i risultati di una indagine conoscitiva sulla questione connessa alla diffusione della violenza fra i minori.



Il clima “di violenza” nel quale vivono i minori è influenzato dall’uso sempre più diffuso tra i più giovani di alcol e sostanze stupefacenti e dalla fruizione di videogiochi sempre più violenti, che finiscono per alterare la loro stessa percezione della realtà. Ci sono studi scientifici che dimostrano come la violenza vista anche attraverso uno schermo oltre a formare un immaginario pregno di paure e di incertezze per il minore, generi spesso comportamenti aggressivi, con conseguenze anche sui meccanismi cognitivi. Ci sono poi tutte le varie forme di violenza di carattere sessuale; da un lato la cosiddetta pedo-porno-grafia, che prevede la diffusione e circolazione di materiale erotico con bambini come oggetto; dall’altro la circolazione di materiale pornografico, a cui possono accedere i minori, trasgredendo divieti normativi con evidenti effetti negativi sul loro sviluppo psico-emotivo. I social networks hanno certamente modificato e amplificato questi fenomeni, aumentandone la pericolosità anche attraverso una diffusione virale, che non di rado spinge gli adolescenti sull’orlo del suicidio. Alla violenza di natura sessuale si possono ricondurre fenomeni strettamente collegati, come la prostituzione minorile e il turismo sessuale.

Ma limitare questa giornata alla denuncia del vulnus creato dalla multiforme violenza degli adulti, non dà ragione della responsabilità altrettanto forte con cui dobbiamo predisporre iniziative capaci di stimolare la loro creatività, il loro spirito di iniziativa, il desiderio di dimostrare ciò di cui sono capaci davanti alle mille sfide del nostro tempo. Non c’è dubbio che abbiano capacità e talenti naturali diversi da quelli dei loro genitori e dei loro docenti. A loro, i nativi digitali, è affidata la capacità di guidare la transizione verso i nuovi processi necessari per sperimentare quei modelli di organizzazione del lavoro, di cui c’è estremo bisogno per migliorare efficienza e sostenibilità. Ma per questo vanno aiutati a coltivare rapporti interpersonali animati dalla fiducia reciproca, da una sana competitività, ma anche e soprattutto dallo spirito di squadra, che fa del gruppo degli adolescenti la maggiore e migliore opportunità per dare vita ad una solidarietà inclusiva. Il Covid sta privandoli proprio di questo aspetto essenziale alla loro maturità umana e professionale, per questo il ritorno a scuola non è un optional ma un diritto. La scuola uscendo da questo difficile tempo di lockdown e di Dad dovrà scoprire e valorizzare i talenti e le capacità di questi ragazzi emersi in un tempo di isolamento più creativo di quanto appaia.