Niente “ressa” per i test d’ingresso di infermieristica: quest’anno gli iscritti superano di poco i posti disponibili e il loro numero è in costante calo. Il risultato è che in Italia mancano 85mila infermieri, eppure ce ne sono oltre 30mila che si sono trasferiti all’estero a causa delle condizioni “insostenibili” in Italia. I numeri parlano chiaro: ieri si sono presentati 21mila aspiranti infermieri ai test d’ingresso per 20.435 posti a disposizione.



Stando a quanto riportato da La Stampa, se consideriamo che di solito il 20% non supera il test (almeno è questa la tendenza degli ultimi anni), potrebbero mancarne all’appello 4mila. C’è poi un 25% che non arriva alla laurea. Questa la fotografia che spiega la “scomparsa” degli infermieri: stando alle carte della Corte dei Conti allegata alla Nadef 2022, ne mancano almeno 65mila.



In base ai calcoli della Federazione degli ordini infermieristici (Fnopi), ne vanno aggiunti altri 20mila all’appello per far funzionare le nuove strutture territoriali, mentre in quelle esistenti ne lavorano 10mila. Quindi, visto che si tratta di un numero che non si riesce a reperire sul mercato italiano, il ministro della Sanità Orazio Schillaci e le regioni guardano all’estero.

INFERMIERI CERCASI: I DATI OCSE

Altrettanto eloquenti sono i dati Ocse, secondo cui in Italia ci sono 6,2 infermieri ogni mille abitanti, mentre la media europea è di 8,8, ma con punte come 13,9 in Germania e 11,1 in Francia. I dati si fanno ancor più preoccupanti se si tiene conto che l’Italia ha la popolazione più anziana d’Europa.



A farne le spese non sono solo gli stessi infermieri, ma anche i pazienti. Infatti, ogni infermiere ne ha in carico 12 in media, ma l’ideale sarebbe 6. Uno studio pubblicato dalla rivista scientifica British Medical Journal rivela che da quota 10 in su il tasso di mortalità cresce del 20%.

CRISI FRENA OSPEDALI DI COMUNITÀ?

Se prima c’era solo il problema della fuga all’estero per le condizioni migliori in cui lavorano gli infermieri e per gli stipendi più alti, ora si aggiunge una crisi di vocazione. Barbara Mangiacavalli, che è presidente Fnopi, segnala che da tre anni ci sono 10mila laureati l’anno, mentre prima del Covid erano 12mila. C’è poi il nodo della cosiddetta “gobba pensionistica”: fino al 2027 andranno in pensione 21mila infermieri, ma quelli pronti a rimpiazzarli sono appena la metà.

Alla luce di tutto ciò, appare complessa la partenza nel 2026 degli ospedali di comunità, che dovrebbero fare da filtro agli ospedali occupandosi dei malati cronici. Il ministro Schillaci, prendendo spunto anche dalle proposte della Fnopi, come evidenziato da La Stampa, sta pensando a specializzazioni ad hoc per creare figure intermedie tra infermieri e operatori socio sanitari.