Si parla delle trattative per la tregua, abbandonate da Hamas, o del possibile attacco di Hezbollah a Iran e Israele, ma il cuore del problema resta sempre Gaza con la sua guerra. Si teme l’escalation per tutto il Medio Oriente, ma lì, nella Striscia, la situazione è sempre più grave. Come racconta padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, nelle strade si respira la polvere che viene dalle macerie, tutto è inquinato, compresi cibo e acqua. In questo contesto, nel giorno dell’Assunta, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, ha proposto la supplica per implorare la fine della guerra, per chiudere il tragico computo dei morti: sono più di 40mila. E chi è rimasto vivo sta all’inferno.
A Gaza, in particolare a Khan Younis, continuano i bombardamenti, come sempre. È vero che ormai la gente non cerca nemmeno più di spostarsi per evitare le bombe perché tanto non ci sono posti sicuri?
A Gaza non ci sono più posti sicuri perché anche quelli che dovrebbero essere esclusi da eventuali attacchi, come ospedali, scuole e luoghi di culto, sono diventati luogo di morte per tanti. La gente è stata allontanata dalle macerie delle proprie case per cercare protezione e rifugio in altre zone, ma altrove ha trovato ugualmente morte e sofferenza. Tutti i giornali del mondo hanno raccontato la storia di un giovane padre che si era recato in un ufficio per registrare la nascita dei suoi figli gemelli appena nati, e che tornando a casa l’ha trovata distrutta e sotto le macerie erano seppelliti i neonati, sua moglie e sua suocera. È una delle tante storie di persone che hanno perso la vita, di sopravvissuti che dovranno affrontare dolore e sofferenza per il resto dei loro giorni. Dietro numeri tanto alti di morti, feriti e dispersi sotto le macerie ci sono storie di vite distrutte dalla guerra. Più di 40mila morti, più di 92mila feriti e un numero non calcolabile di dispersi sotto le macerie sono il triste bilancio di questa tragedia che dura da dieci mesi.
Com’è la situazione dal punto di vista del cibo e dell’acqua? Gli israeliani hanno richiuso Rafah accusando Hamas di attaccare i convogli: gli aiuti arrivano oppure siamo alle solite?
Gli aiuti umanitari, se e quando arrivano, sono insufficienti a sfamare tutti. I bambini sono le vittime innocenti della malnutrizione. Si muore di fame, di sete, di mancanza di igiene e di cure mediche. Oltre che sotto le bombe, fino a pochi mesi fa si moriva per il freddo, in questi mesi il caldo porta morte, disidratazione, malattie. Il cibo, l’acqua e la natura sono inquinate, l’aria in particolare è intrisa di polvere delle macerie. Non c’è controllo e gli aiuti non arrivano a chi ne ha veramente bisogno. Non so a chi attribuire questa colpa, certamente manca la presenza e l’autorevolezza della comunità internazionale, che già da tempo doveva bloccare questa catastrofe e controllare che i diritti umani essenziali fossero garantiti.
Com’è invece la situazione dal punto di vista sanitario? C’è la possibilità di curare le persone ferite? Ci sono ospedali aperti?
Si muore per le bombe, si muore perché chi potrebbe essere soccorso non può essere raggiunto, si muore perché gli ospedali ancora in grado di poter aiutare sono stati parzialmente distrutti. La diffusione di malattie particolarmente contagiose sta completando l’emergenza sanitaria già terribile. Come definire questa situazione? Disumana è forse il termine più giusto. Sono stati uccisi tanti operatori sanitari e chi è sopravvissuto fa turni massacranti per salvare vite umane. Fanno male tante testimonianze di medici impossibilitati a salvare e ad aiutare a vivere. Mancano farmaci, strumenti sanitari e soprattutto manca l’energia per utilizzare macchinari che salvano vite.
Siete riusciti a portare altri bambini palestinesi in Italia a farsi curare. È possibile lasciare la Striscia? Come stanno i malati e cosa raccontano i loro familiari dell’esperienza che stanno vivendo?
Dopo i primi bambini arrivati a fine gennaio, altri bambini, adulti e accompagnatori sono arrivati per le cure in Italia. Tante associazioni umanitarie, in accordo con il governo italiano, hanno lavorato tanto e bene per poter fare uscire persone veramente bisognose di cure. Tanti sono stati operati, curati e salvati, e di questo dobbiamo ringraziare il governo italiano e il popolo italiano, sempre generoso e disponibile all’accoglienza dei poveri e degli indifesi. Chi è in Italia ringrazia per l’aiuto, per l’accoglienza ricevuta e chiede di potersi riunire alle famiglie, ma non c’è questa possibilità per il momento.
L’assistenza per questi bambini è già tanto, ma è una goccia nel mare.
Purtroppo, tantissimi altri avrebbero bisogno di essere accolti e salvati negli ospedali italiani. Speriamo che una tregua o, meglio, un cessate il fuoco definitivo possa salvare vite umane a Gaza o in Italia. Nel giorno dell’Assunzione di Maria Santissima abbiamo pregato la supplica proposta dal cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, per implorare la fine della guerra in Terra Santa. Preghiamo intensamente per ridare speranza a chi non ha più speranza.
Israele sembra un Paese sempre più diviso, con esponenti politici e almeno parte dell’opinione pubblica che è su posizioni sempre più radicali nei confronti dei palestinesi. Rischia la disgregazione? Questa guerra sta peggiorando anche i rapporti tra le persone di diversa cultura, religione e provenienza che sono in Israele?
Conosco tante persone di nazionalità, cultura e credo religioso diversi e conosco la voglia di pace che anima loro e la loro necessità di vivere in pace. Le società civili e le opinioni pubbliche hanno bisogno di pace e, se i potenti della terra lavorano per la pace, ogni popolo camminerà su strade di pace. Possiamo e dobbiamo solo implorare il Dio di tutti, che è Dio di amore, di illuminare le menti di tutti i governanti, di Israele e della Palestina, dell’Europa e del mondo intero. Che ognuno di loro sia responsabile e si faccia veramente carico dei bisogni essenziali delle persone. In questo momento storico, siamo tutti responsabili della pace, primo passo per riportare l’umanità a una vita vera.
(Paolo Rossetti)
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