Un reportage de Il Giornale di Alessandro Sallusti getta una luce sinistra sulla pratica dell’infibulazione, soltanto una delle forme di mutilazione genitale femminile particolarmente in voga in Africa, nel sud della penisola araba e nel sud-est asiatico, ma oggi arrivata in Europa e in Italia mediante i flussi migratori. Bisogna precisare che il nostro ordinamento vieta “la clitoridectomia, l’escissione, l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che causa effetti dello stesso tipo o malattie psichiche o fisiche” e le punisce con la reclusione fino a 12 anni. Secondo un’indagine condotta dall’università Milano Bicocca, però, in Italia sarebbero più di 85mila le straniere portartici di mutilazioni genitali femminili (Mgf), fra cui da 5 a 7mila minori. Come spiega a Il Giornale una migrante camerunense sulla cinquantina impiegata in un salone di bellezza a due passi dalla stazione Termini, “per farlo ritornano nel loro Paese d’origine perché qui è vietato“. Questo perché, chiarisce, “non è che se vieni in Italia la cultura cambia, la cultura è cultura“.
INFIBULAZIONE, MOLTI STRANIERI D’ITALIA LA GIUSTIFICANO
Ma cosa c’è dietro la pratica dell’infibulazione? Come sottolinea Il Giornale, si tratta di una mentalità “tipica delle società a stampo patriarcale dei Paesi a prevalenza islamica ma anche di alcune popolazioni africane cristiane e animiste” caratterizzate dal “convincimento che l’annientamento del piacere sessuale femminile serva ad assicurare la fedeltà coniugale. E non solo. In molti casi mutilazioni e lesioni dei genitali sono necessarie per contrarre il matrimonio“. Basti pensare che in Somalia il 98% delle donne è sottoposta a questa pratica. Ma c’è di più: il matrimonio assume i tratti di una vera e propria transazione, con la madre o la sorella del pretendente che ispezionano la futura moglie per verificare che l’infibulazione sia intatta. Fatima, nome di fantasia di una donna somala di nascita e pescarese di adozione, ricorda: “Mi tenevano braccia e gambe, non ricordo in quante fossero, mi hanno tagliata contro la mia volontà, dicevano che era per il mio bene“. In effetti anche gli uomini trapiantati in Italia da diversi lustri non sembrano aver cambiato idea rispetto alla bontà delle loro tradizioni. Un anziano somalo incrociato all’Esquilino ci scherza sopra: “Personalmente sono contrario, ma in molti pensano che sia una cosa necessaria per evitare che le donne se ne vadano in giro in cerca di sesso appena iniziano ad avere gli ormoni e diventare signorine. Quante ragazze già a quindici anni rimangono incinte qui in Italia? Queste cose in Somalia non le accettano“. Ancora più sconvolgente il commento di un ventenne nigeriano: “Per me è giusto fare questo alle ragazze, ne conosco tante che non l’hanno fatto e che iniziano con il sesso già a dieci, undici e dodici anni, anche qui in Italia. E gli uomini? Non sono d’accordo, penso che Allah abbia creato noi uomini perfetti, non serve essere circoncisi“.