L’inflazione al consumo aveva iniziato l’anno 2023 con un tasso tendenziale al 10% in gennaio e lo aveva chiuso in dicembre allo 0,6%, portandolo al livello più basso tra tutte le economie europee. Il fenomeno sembrava dunque essersi rapidamente sgonfiato, grazie a tassi congiunturali ridotti e in diversi mesi pari a zero o addirittura negativi.
Poiché il tasso tendenziale con cui misuriamo, spesso traendone informazioni sbagliate, la crescita dei prezzi varia ogni mese in funzione di quanto sono aumentati i prezzi in quel periodo rispetto a quanto erano aumentati nello stesso mese dell’anno precedente, l’aver avuto un 2023 particolarmente virtuoso non aiuta a mantenere il tendenziale sui bassissimi livelli raggiunti nello scorso periodo natalizio. Questo è quanto avvenuto in gennaio, almeno secondo le stime preliminari dell’Istat.
L’inflazione ha avuto infatti un lieve rimbalzo, salendo allo 0,8% dallo 0,6% di dicembre 2023 (misurata dall’Indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività – NIC – il quale include i tabacchi). Nel mese i prezzi sono saliti dello 0,3% mentre a gennaio 2023 solo dello 0,1%, e questa differenza spiega la crescita del tendenziale. Ma il dato di un anno fa era stato così contenuto grazie ai beni energetici regolamentati che in quel solo mese erano diminuiti di oltre il 25%. Ovviamente quel calo non era ripetibile quest’anno e ha dunque generato un effetto statistico a causa dello sfavorevole confronto.
Ovviamente lo 0,8% tendenziale resta molto al di sotto dell’obiettivo del 2% perseguito dalla Bce ed è un frazione ridotta, meno di un quinto, del tasso da essa praticato, che è stato lasciato invariato al 4,5% nella recente riunione del board.
A livello di crescita congiunturale, il comparto che ha fatto peggio dell’indice generale è quello dei beni alimentari (1,1% i non lavorati e 1% i lavorati), seguito dai servizi relativi all’abitazione (0,4%). Hanno invece registrato una diminuzione i prezzi dei servizi relativi ai trasporti (-1,2%) e i beni energetici regolamentati (-0,1%).
A livello di crescita tendenziale, invece, risulta in aumento il tasso relativo ai servizi di trasporto (da 3,7% a 4,3%) e dei beni alimentari non lavorati (da 7,0% a 7,5%, il più elevato tra tutti i comparti), mentre si attenua notevolmente il tasso negativo dei beni energetici regolamentati (da -41,6% a -21,4%). Sul versante opposto, per contro, si riduce la crescita dei prezzi dei servizi relativi all’abitazione (da 4,2% a 2,9%) e dei beni durevoli (da 1,5% a 0,8%).
Il tendenziale dei beni diversi dagli energetici e dagli alimentari, che pesano per più di un quarto del paniere, si riduce dal 2,1 all’1,8%, mentre quello dei servizi, che pesano per oltre il 40%, dal 3,4% al 2,9%. Infine l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, decelera dal 3,1% al 2,8% e quella al netto dei soli beni energetici dal 3,4% al 3,1%.
Più o meno rapidamente tutti questi valori stanno convergendo verso l’auspicato 2% e tutti confidiamo che possa avvenire anche nel resto d’Europa e convincere finalmente il board della Bce ad abbassare i tassi e ridare un po’ di fiato alla crescita economica, attualmente inesistente, come abbiamo potuto vedere appena due giorni fa.
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