Che dopo il difficile biennio 2022-23 l’inflazione sia scomparsa dall’economia italiana lo scriviamo da diverso tempo, almeno dalla fine dell’estate dello scorso anno. A ottobre 2023 il tasso tendenziale scese infatti all’1,7%, tre decimi di punto in meno del mitico 2% tanto desiderato dal board della Bce, e il mese seguente scese sotto l’1%, livello al quale è rimasto dato che in cinque dei sei mesi trascorsi del 2024 si è ancorati allo 0,8%, il tasso più basso tra i grandi Paesi dell’Ue e il terzo più basso dell’intera Euroarea.
Secondo le stime preliminari dell’Istat, rese note ieri, nel mese di giugno 2024 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), inclusivo dei tabacchi, è aumentato dello 0,1% su base mensile e dello 0,8% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, come già si era verificato anche nei due mesi precedenti. Tra settembre 2023 e giugno 2024 l’indice dei prezzi al consumo, che ha come anno base e dunque come livello 100 il 2015 è salito solo da 120,3 a 120,7, con una crescita complessiva nei nove mesi contenuta nello 0,3% e corrispondente a un tasso annualizzato inferiore a mezzo punto percentuale.
Questo importante risultato è principalmente dovuto alla disinflazione dei prezzi energetici, tuttavia anche gli altri comparti continuano a registrare tendenze verso un continuo miglioramento. Riguardo agli energetici essi sono diminuiti dello 0,7% nell’ultimo mese e dell’8,6% rispetto a dodici mesi fa, contribuendo dunque ad attenuare la dinamica dell’intero paniere. Al netto degli energetici il resto del paniere ha comunque visto un tendenziale in diminuzione dal 2% all’1,9%, rientrando anch’esso entro il valore obiettivo della Bce. Al loro interno i prezzi dei beni alimentari sono risultati stazionari nel mese, con la crescita relativa agli alimentari lavorati che è stata completamente neutralizzata dalla riduzione degli alimentari freschi. Il tasso tendenziale dell’intero comparto si è in conseguenza ridotto al’1,6% dal 2% del mese precedente.
Restano a questo punto i due grandi comparti da un lato dei beni industriali diversi sia dagli energetici che dagli alimentari e dall’altro lato dei servizi, con dinamiche molto differenziate. I beni industriali hanno infatti registrato nel mese un piccolo calo, dello 0,1%, e il loro tendenziale è pari appena allo 0,6%, in diminuzione dallo 0,9% di maggio. Invece i servizi sono l’unico comparto che vede ancora una certa crescita dei prezzi, ancorché in fase di decelerazione: +0,5% nel mese, un dato che permette comunque al tendenziale di ridursi dal 2,9% al 2,8%. Questo è l’unico settore in cui la crescita dei prezzi su base annua è ancora superiore al 2% auspicato dalla Bce per l’indice generale dei prezzi al consumo.
In giugno l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, è rimasta stabile al 2,0% mentre quella relativa al cosiddetto carrello della spesa è scesa all’1,4% dall’1,8% precedente. Infine l’inflazione acquisita per il 2024 è anch’essa pari allo 0,8% per l’indice generale dei prezzi.
Una conseguenza, questa volta negativa, della bassissima inflazione italiana, è l’elevato valore per noi dei tassi Bce in termini reali, uguali per tutti i Paesi dell’Euroarea al 4,25% da inizio mese, inclusi i Paesi che hanno un tasso d’inflazione superiore a tale valore e per i quali in conseguenza il tasso reale è negativo.
Non sempre essere i migliori sembra risultare premiante…
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