Rallenta in dicembre l’inflazione italiana, ma meno di altri Paesi europei e molto meno di quanto fosse auspicabile per raffreddare le aspettative sul 2023. Sappiamo, inoltre, di diversi aumenti già entrati in vigore con l’anno nuovo, come le tariffe autostradali e il prezzo della benzina che ha risentito della fine della riduzione temporanea delle accise, e anch’essi non remano verso il raffreddamento delle attese per l’anno appena iniziato.
Ma veniamo ai principali numeri: nel mese di dicembre 2022, secondo le stime preliminari pubblicate dall’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), che include i tabacchi, è aumentato dello 0,3% rispetto a novembre e dell’11,6% su dicembre dello scorso anno. Poiché dodici mesi fa l’incremento mensile fu maggiore, dello 0,4%, il dato più favorevole dell’ultimo mese ha portato a una limitata riduzione del tendenziale, che è sceso di due decimi rispetto all’11,8% dello scorso novembre.
Il dato è senz’altro positivo e lascerebbe pensare che il fenomeno inflattivo, generato dalla fiammata dei prezzi energetici in gran parte dovuta alla guerra scatenata dalla Russia, abbia raggiunto il suo massimo e iniziato una parabola discendente. Tuttavia, i dati provenienti dagli altri Paesi europei che li hanno già pubblicati segnalano un più deciso percorso riduttivo:
– in Spagna il tasso tendenziale d’inflazione è sceso in dicembre di nove decimi, passando dal 6,7% al 5,8%;
– in Germania si è ridotto di ben 1,7 punti percentuali, scendendo all’8,6% dal 10,3% di novembre; – riduzioni minori, pari a tre decimi di punto, hanno invece riguardato la Francia e il Portogallo, due Paesi tuttavia caratterizzati in precedenza da un’inflazione che non era mai arrivata alla doppia cifra: in Francia il tendenziale si è infatti ridotto dal 6,2% al 5,9%, mentre in Portogallo dal 9,9% al 9,6%.
Poiché con dicembre è terminato il 2022, abbiamo anche il tasso d’inflazione medio annuo che è stato dell’8,1%, più del quadruplo dell’1,9% con cui si archiviò il 2021. Senza i beni energetici e gli alimentari freschi, quella che viene chiamata “inflazione di fondo” è stata nell’anno del 3,8% contro solo lo 0,8% del 2021.
L’incremento congiunturale in dicembre dell’indice generale dei prezzi è stato trainato dalla crescita di alcune voci tra le quali spiccano i prezzi degli energetici regolamentati (+7,9% sul mese precedente), in controtendenza rispetto alla diminuzione che ha invece riguardato i prezzi degli energetici non regolamentati (-3,9%). Questa differenza fa sorgere qualche perplessità sui tempi e sull’entità degli adeguamenti dei prezzi soggetti a regolazione, destinata ad accrescersi quando si osservi anche il dato tendenziale delle due componenti:
– i beni energetici non regolamentati sono infatti scesi dal 69,9% al 63,3%, con una riduzione nel solo mese di dicembre di poco meno di 7 punti;
– al contrario i bene energetici regolamentati sono saliti dal 57,9% al 70,3%, con un incremento di più di 12 punti percentuali in un solo mese.
Cumulando le due variazioni si arriva a una forbice di 19 punti percentuali tra dinamica dei regolamentati e dei non regolamentati. Siamo certi che le regole che presiedono agli adeguamenti dei beni energetici regolamentati siano adeguate e non migliorabili? Qualche dubbio al riguardo appare legittimo. Fortunatamente i non regolamentati, in diminuzione, pesano molto di più dei regolamentati, in aumento, per cui nel loro insieme ha prevalso la riduzione, col tendenziale dell’intero comparto energetico che è diminuito al 64,7% dal 67,6% precedente.
Al di fuori degli energetici è risultato in calo anche il tendenziale degli alimentari non lavorati, sceso dall’11,4 al 9,5%, e quello dei servizi relativi ai trasporti, dal 6,8% al 6,0%. In aumento invece quello relativo ai beni alimentari lavorati, dal 14,3 al 14,9%, e ai servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona, dal 5,5% al 6,2%. Il totale degli alimentari è diminuito dal 13,3% al 12,8%, mentre in moderato aumento è risultato il dato relativo sia agli altri beni, non alimentari e non energetici, salito dal 5% al 5,1%, e soprattutto quello dei servizi, dal 3,8% al 4,1%. L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, ha anch’essa accelerato, passando dal 5,6% al 5,8%.
Grafico 1 – Variazioni tendenziali nei prezzi al consumo per grandi capitoli di spesa (Dati %)
Cosa accadrà nel mese di gennaio? Difficile dirlo, anche se è probabile che le tendenze riduttive in corso proseguiranno, riuscendo a compensare gli aumenti in diversi comparti che ci hanno salutato già assieme al brindisi di Capodanno.
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