L’inflazione è risultata ancora in netta crescita nel mese di gennaio, sempre trainata dai prezzi dei beni energetici, e gli effetti del caro energia iniziano ormai a farsi sentire anche su altri comparti della spesa dei consumatori. Rispetto a dodici mesi prima i prezzi al consumo, misurati dall’indice per l’intera collettività nazionale (NIC) al lordo dei tabacchi, sono risultati maggiori del 4,8%. Questo tasso tendenziale è più alto di quasi un punto rispetto al 3,9% che era stato registrato in dicembre. Mese su mese, dunque gennaio su dicembre, i prezzi sono invece aumentati dell’1,6%, anche questo un dato record di cui non trova equivalente nei due decenni sinora trascorsi dal debutto della moneta unica europea.
L’accentuarsi dell’inflazione è ancora una volta prodotto dalle dinamiche dei prezzi dei beni energetici, la cui crescita su base annua passa dal +29,1% di dicembre al +38,6%, valori questi più simili a eventi di grandi crisi petrolifere il cui ricordo, dopo oltre tre decenni trascorsi da quella del 1979/80, sembra essere completamente svanito. Tra i beni energetici si nota tuttavia una netta differenza tra quelli soggetti a regolamentazione pubblica dei prezzi, elettricità e gas, che salgono dal +41,9% di dicembre al +93,5%, dunque quasi un raddoppio in soli dodici mesi, e quelli che invece non sono regolamentati, principalmente i combustibili, che si attestano su valori anch’essi elevati ma comunque più contenuti, passando da +22,0% a +23,1%.
Grafico 1 – Inflazione al consumo. Variazioni % gennaio 2022 su gennaio 2021 per grandi comparti di spesa (Indice NIC)
Al di fuori dei beni energetici tutti gli altri comparti registrano tassi ancora contenuti ma tuttavia in diversi casi in sensibile rialzo, ad esempio i beni alimentari con un +3,5% su base annua, al cui interno tuttavia i lavorati crescono dal +2,0% al +2,4% mentre i non lavorati, dunque i beni dell’agroalimentare, dal +3,6% al +5,4%. Nel comparto dei servizi, complessivamente ancora tranquillo, crescono i prezzi di quelli ricreativi, culturali e per la cura della persona da +2,3% al +3,5% mentre rallentano i servizi di trasporto dal +3,6% al +1,4%. Nell’insieme i servizi si attestano su un +1,7% su base annua, dato molto simile al +1,8% che riguarda tutto l’indice se togliamo da esso i soli beni energetici. A fungere da calmieratore sono per fortuna i beni non alimentari non energetici con un contenuto +0,8%.
Se si fa riferimento all’inflazione di fondo, quella che esclude i più volatili beni energetici così come i più volatili alimentari freschi, essa rimane stabile al +1,5%, mentre quella al netto dei soli beni energetici accelera da +1,6% a +1,8%. Se distinguiamo tra i beni nel loro insieme (alimentari, non alimentari ed energetici) rispetto ai servizi vediamo che su base annua accelerano i primi da +5,5% a +7,1% mentre la crescita dei servizi resta stabile al +1,7%. Permane dunque un differenziale inflazionistico tra questi ultimi e i beni che, ancora negativo per -5,4 punti percentuali, si mostra in crescita rispetto al -3,8% di dicembre.
A causa delle elevate dinamiche dei prezzi nell’ultima parte del 2021 e in gennaio, l’inflazione acquisita per il 2022, dunque il dato annuo che si verificherebbe se nei prossimi undici mesi il livello dei prezzi restasse assolutamente stabile, è già pari al +3,4% anche se al netto di energia e alimentari freschi, dunque la componente di fondo dell’inflazione, il dato si riduce al +1%.
Se guardiamo invece all’aumento congiunturale, dunque mese su mese, gennaio rispetto a dicembre, vediamo che l’incremento dell’1,6% dell’indice generale è dovuto alle dinamiche consistenti di poche categorie: i beni energetici regolamentati che han fatto un +42,9% in un solo mese, e, in misura minore, gli energetici non regolamentati (+3,2%) e gli alimentari non lavorati (+2,1%). Solo i servizi relativi ai trasporti diminuiscono (-1,6%), secondo l’Istat per l’effetto di fattori stagionali.
In ultimo è opportuno ricordare che il tradizionale indice dei prezzi italiano per l’intera collettività di cui abbiamo parlato sinora, la cui sigla è NIC, è diverso per metodologia di calcolo da quello utilizzato a livello europeo da Eurostat per le comparazioni tra paesi dell’Unione. Quest’ultimo, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), la cui metodologia è identica per tutti i Paesi, ha avuto un incremento mensile molto più ridotto, solo lo 0,2%, ma maggiore su base annua: il 5,3% dal +4,2% di dicembre. Una differenza tra i due è ad esempio il diverso modo di trattare i saldi stagionali, tipici del mese di gennaio per l’abbigliamento e le calzature, che non influiscono sul NIC ma invece sono inclusi nell’IPCA che ha registrato una diminuzione di questo comparto merceologico pari al 19,1%.
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