I dati sull’inflazione al consumo nel mese di aprile, appena resi noti dall’Istat, sembrano testimoniare una battuta d’arresto nel processo di rientro dagli elevati tassi del 2022, alimentati dalla fiammata dei prezzi dei beni energetici che fu scatenata lo scorso anno dall’invasione russa dell’Ucraina. Infatti, secondo le stime preliminari, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), il quale a differenza dell’indice armonizzato che segue le regole europee, include anche i tabacchi, ha registrato nello scorso mese un aumento dello 0,5% su base mensile, un dato non particolarmente preoccupante, ma tuttavia maggiore di tutti quelli che hanno riguardato i mesi successivi allo scorso novembre.



Poiché invece nell’aprile dello scorso anno l’indice dei prezzi al consumo era lievemente diminuito (-0,1%) per effetto della temporanea riduzione dei prezzi degli energetici, avvenuta prima che la successiva ondata facesse raddoppiare in sei mesi il tasso d’inflazione italiano dal 6 a quasi il 12%, la diminuzione di allora in congiunzione con l’incremento di mezzo punto di questo aprile ha fatto risalire il tasso tendenziale all’8,3% dal 7,6% dello scorso marzo. Dunque negli ultimi 12 mesi i prezzi risultano aumentati di più di quanto non fosse avvenuto nei 12 mesi terminanti a marzo scorso.



Tuttavia, prima di gridare nuovamente al pericolo inflattivo conviene andare dentro i numeri dettagliati per cercare di capirne di più. Lo facciamo partendo dalle classi di prodotti e servizi che possiamo definire più tranquilli, in primo luogo i servizi e poi i beni diversi dagli energetici e dagli alimentari:

1) i servizi, che pesano per il 42% nel paniere dei consumi delle famiglie, sono cresciuti nel mese dello 0,8%, un decimale in più dell’aprile 2022, ma la loro crescita annua è stata solo del 4,7% (il 4,6% nel mese precedente), un dato che sarebbe apparso molto elevato prima della ripresa dell’inflazione, ma che è ora molto al di sotto di quello generale relativo a tutti i prezzi al consumo (l’8,3% sopra ricordato);



2) i beni industriali, esclusi gli energetici e gli alimentari, che pesano per il 27% nel paniere dei consumi delle famiglie, sono cresciuti nel mese dello 0,3%, lo stesso dato dell’aprile 2022, e pertanto il tendenziale riferito alla loro crescita annua è rimasto invariato al 5,4%, anche in questo caso molto al di sotto del dato generale.

Se sommiamo queste due classi di spesa delle famiglie, che rappresentano quasi il 70% dei loro consumi, l’inflazione resta appena sotto il 5%, un dato elevato ma non drammatico. I problemi pervengono pertanto dal restante 30% del paniere, come già da un anno a questa parte: i beni alimentari, sia lavorati che non, e i bene energetici, sia regolamentati che non:

1) gli alimentari, soggetti ad acquisto ad alta frequenza da parte delle famiglie, registrano nel loro insieme un tendenziale elevato, il 12,3%, tuttavia in diminuzione (era in marzo il 12,9%) in conseguenza del fatto che l’aumento di questo mese è stato dello 0,7% mentre ad aprile 2022 fu dell’1,3%.

2) distinguendo tra alimentari lavorati e non, essi in aprile hanno ridotto ambedue il loro tendenziale, i primi dal 15,3% al 14,7% e i secondi dal 9,1% all’8,4%.

3) restano a questo punto gli energetici, l’origine di tutti problemi che si sono avuti sui prezzi negli ultimi due anni: in aprile i regolamentati sono diminuiti rispetto a marzo del 19,3%, ma i non regolamentati, che pesano molto di più nel paniere, sono invece aumentati del 2,4%. Nel loro insieme sono comunque diminuiti, ma solo dello 0,8% mentre nell’aprile 2022 il calo fu del 5,8%, cinque punti in più che ora si sono riflessi sul tendenziale, facendolo crescere dal 10,8 al 16,7%.

Questa è l’unica spiegazione del rialzo del tendenziale dell’intero indice dei prezzi al consumo dal 7,6% all’8,3%, che abbiamo visto all’inizio. Infatti l'”inflazione di fondo”, al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, è rimasta stabile al 6,3%, così come quella al netto dei soli beni energetici è rimasta al 6,4% già registrato a marzo.

Dunque l’inflazione ha momentaneamente smesso di scendere e ha subito un rimbalzo statistico per via degli energetici a prezzo libero, in primo luogo i carburanti, che tuttavia lo scorso anno beneficiarono dei tagli alle accise decisi dal Governo Draghi e la cui onerosità non poteva permettere che fossero mantenuti a tempo illimitato. La previsione, e nello stesso tempo l’auspicio, è che la tendenza alla riduzione dell’inflazione riprenda dal prossimo mese sul sentiero sinora seguito.

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