L’inflazione a settembre in Italia è stata dell’8,9% e i prezzi hanno fatto segnare il maggiore incremento dal 1983. Il numero grezzo racconta solo una parte della storia perché alcune tra le spese meno discrezionali per una famiglia – alimentari, utenze e trasporti – hanno mostrato incrementi superiori. La voce “abitazione, acqua, elettricità e combustibili” segna un incremento annuale di oltre il 30%, gli alimentari di quasi il 12% e i trasporti di quasi il 10%. Ad abbassare l’indice concorrono una serie di voci, si pensi all’abbigliamento cresciuto solo del 2,5%, che sono decisamente più discrezionali. Si conferma che l’inflazione percepita è superiore al numero sintetico e che più si scende nelle fasce di reddito, più si sente l’incremento dei prezzi perché la quota di reddito destinata ai beni di prima necessità è maggiore.
La domanda inevitabile è se il dato di settembre sia il massimo e se si veda all’orizzonte una frenata. La risposta, purtroppo, non è positiva. Le bollette che sono arrivate negli ultimi mesi non riflettono ancora i rincari degli ultimi giorni e nei prossimi mesi il costo dell’elettricità salirà. Chi potrà incrementerà i prezzi per controbilanciare l’aumento dei costi e chi invece non potrà semplicemente chiuderà peggiorando quindi la disponibilità di beni.
C’è poi il fronte delle spese per il riscaldamento che non si è ancora aperto e che si porta dietro incrementi a tre cifre con costi per le famiglie tripli o quadrupli. L’unico sollievo potrebbe arrivare dalle categorie di beni più discrezionali. In questo caso la diminuzione del potere di acquisto potrebbe causare un eccesso di offerta e la necessità di svuotare magazzini. Questa però è una dinamica temporanea perché una volta che i magazzini si sono svuotati e i produttori hanno tarato le quantità l’effetto “crisi” svanisce.
La crisi, la recessione che in questi giorni viene quasi celebrata come medicina dell’inflazione in realtà, in Italia sicuramente, non funziona per fare scendere i prezzi. L’inflazione da crisi energetica che aumenta il costo del pane non si combatte con una recessione perché le famiglie non mangiano di meno “perché c’è la crisi”. L’inflazione di questi giorni si “combatte” solo con un grande peggioramento della qualità della vita: case fredde, alimenti poveri, riduzione degli acquisti. Nell’attuale scenario di ridefinizione delle catene di fornitura globali ci potrebbe essere un’inflazione buona perché alcune produzioni rientrano in Paesi più ricchi con costi superiori; sarebbe buona perché porterebbe anche posti di lavoro. La condizione necessaria perché questo accada è ampia disponibilità di energia che permetta di spostare fabbriche e produzioni in Italia. Ma questo non è il nostro caso.
Più le bollette salgono e più si acuisce la crisi energetica, più salirà l’inflazione e ancora di più quella percepita. La crisi finanziaria che indebolisce la valuta acuisce il problema. Non ci sono scorciatoie; l’emergenza assoluta è l’energia. Tutto il resto viene dopo.
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