Inflazione al 3%: non si vedeva questo livello dal settembre 2012. Un carovita spinto dagli aumenti delle materie prime, dell’energia e dei prodotti agroalimentari. Un fenomeno che preoccupa, perché il trend inflattivo non sembra congiunturale, potrebbe continuare fino alla prossima primavera, impattando negativamente sui consumi di Natale e sulle tasche dei cittadini, attesi da un inverno economicamente non certo facile.



Quanto potrebbe costare questa impennata dei prezzi? Dove potrebbe andare a colpire ancora? E quali contromisure si potrebbero mettere in campo per aiutare i consumatori? “E’ la fotografia di un paese in cui sta aumentando tutto”, commenta l’avvocato Gianluca Di Ascenzo, presidente di Codacons, che stima un conto medio finale di quasi mille euro in più a famiglia.



L’inflazione in Italia a ottobre, comunicata ieri dall’Istat, ha fatto segnare il valore più alto dal 2012 con un incremento rispetto a ottobre del 2020 del 3%. Che cosa fa galoppare così tanto i prezzi?

Sicuramente il costo delle materie prime, a partire dagli aumenti a doppia cifra del gas, che hanno provocato ripercussioni pesantissime sulla bolletta energetica e, di conseguenza, sulle utenze domestiche. Stessa dinamica inflattiva ha colpito il petrolio e quindi i prezzi dei carburanti, che purtroppo continuano a salire. In tal modo non solo crescono i costi del rifornimento alle stazioni di servizio, ma tutto ciò si ripercuote anche sull’intera filiera della logistica delle merci, dal produttore al consumatore. Infine, gli incrementi dei prezzi delle materie agricole, come il grano, che l’Italia, non avendo una produzione sufficiente a soddisfare la domanda, deve importare dall’estero e questo ha portato, per esempio, ad aumenti generalizzati, da nord a sud, del prezzo del pane, che ha raggiunto cifre impensabili. A cascata, poi, diventano più cari anche farine e prodotti da forno. E’ la fotografia di un paese in cui sta aumentando tutto.



La componente energia è tra le voci più penalizzanti per le tasche dei cittadini. Non sarebbe il caso di rivedere l’intero impianto della tassazione sui carburanti?

Sicuramente. Il tema fiscale è caldissimo. Sui carburanti pesano accise, che ancora oggi gli utenti pagano per eventi e calamità naturali accadute nel secolo scorso, che incidono quasi per la metà sul prezzo alla pompa. E’ più facile scaricare sul consumatore fiscale questo prelievo indiretto, ma è tempo di ragionare sulla necessità di rivedere il carico fiscale dei carburanti.

E per le bollette che cosa bisognerebbe fare, dopo che il governo ha già messo sul tavolo 2,5 miliardi per tagliare i costi fissi e aiutare le famiglie più bisognose?

Il governo è opportunamente già intervenuto per tagliare i costi fissi, legati a rinnovabili o settori energivori, spalmati su tutta la platea dei contribuenti, che pesano sulle bollette energetiche. Se alleggerissimo questa incudine sulle spalle dei consumatori, sarebbe un bel aiuto per le famiglie. Anche perché bisognerà vedere se e quali benefici porterà la liberalizzazione del mercato tutelato. E’ giusto però ricordare che l’Italia è stata tra i primi paesi ad attivare le cosiddette comunità energetiche, che dovrebbero essere fatte conoscere di più e incentivate, visto questo allarme inflazione generale.

Di che si tratta?

Si parla molto dei prosumer, cioè del produttore-consumatore. In pratica, l’auto-produzione e l’auto-consumo di energia possono essere la chiave per superare il nodo della povertà energetica che affligge molte famiglie.

L’Istat parla di un +1,1% per l’inflazione dei prodotti alimentari. Possibile un impatto così ridotto, alla luce dei forti rincari di molti prodotti agricoli in atto da mesi? Gli italiani consumano forse di meno?

Che gli italiani abbiano alleggerito il carrello della spesa può essere plausibile, perché, per esempio, in Italia ègià  diminuito il consumo medio di pane. Sono certamente cambiate le abitudini alimentari, anche per un aumento delle intolleranze o delle allergie alimentari. Ed è anche vero che sono state realizzate iniziative per calmierare i prezzi dei panieri di prima necessità, dall’olio al sale, dalla pasta al latte. Insomma, non vorrei che l’aumento del costo della vita si stia tramutando in un cambiamento delle abitudini alimentari non legato a una maggiore attenzione alla qualità, attraverso gruppi di acquisto o prodotti da filiere km zero, ma a vere e proprie difficoltà che costringono le famiglie, come si diceva una volta, a fare un buco in più nella cinghia dei pantaloni.

Dobbiamo aspettarci nuove fiammate?

I dati ci fanno pensare che questo aumento inflattivo non sarà temporaneo, congiunturale e che non si esaurirà entro la fine del 2021. Secondo alcuni analisti, non prima della prossima primavera si potranno vedere segnali positivi, anche se noi ci auguriamo che questa previsione venga smentita. Certo, nel momento in cui stiamo iniziando a rialzare la testa dopo la pandemia, si prospetta un inverno difficile per le famiglie. Abbiamo già messo in guardia su quanto potrebbe accadere a Natale.

E’ già allarme consumi per Natale? Di quanto potrebbero calare gli acquisti?

Non abbiamo ancora fatto una stima. E’ chiaro però che, se uno stipendio o parte della stessa tredicesima, dovessero andare a pagare carburante e bollette, ci sarà un’inevitabile contrazione delle spese per i regali, di cui risentirà anche il canale commerciale.

Quanto peserà questa inflazione sulle tasche delle famiglie?

Quando gli aumenti di benzina e diesel hanno fatto registrare un +12%, noi abbiamo calcolato un aggravio medio, frutto di una stima prudenziale, di 922 euro a famiglia. Ma se il trend degli aumenti dei carburanti, che in alcuni casi ha già superato la soglia psicologica dei 2 euro al litro, o dei prodotti alimentari, come il pane che in alcune città del Nord ha raggiunto i 7 euro al chilo, proseguirà, non è da escludere che il maggior costo medio potrebbe sfiorare, se non superare, i mille euro a famiglia.

Quali sono oggi le maggiori preoccupazioni dei consumatori?

Innanzitutto, il lavoro, a partire dall’occupazione dei giovani, che sta a cuore a moltissime famiglie. E poi le frodi online: il consumatore italiano è stato bravo ad adattarsi velocemente agli strumenti digitali, ma questo ha portato a un aumento degli attacchi hacker, che vanno a drenare il risparmio delle famiglie. Se a questo sommiamo il tema dei rincari, ne emerge un quadro di incertezza che dobbiamo cercare di affrontare, proponendo educazione finanziaria o decaloghi di comportamento anti-spreco.

Oltre a queste contromisure micro, come si possono aiutare a livello macro i consumatori contro il carovita?

Speriamo che i miliardi che saranno investiti grazie al Pnrr si traducano in un miglioramento delle condizioni di vita di tutto il paese, dalla digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni all’abbattimento dei costi di sistema grazie alle nuove tecnologie. Inoltre serve un’efficace vigilanza, che già c’è e funziona, contro i fenomeni speculativi e una riforma complessiva del sistema fiscale, pur dovendo sempre rispettare i parametri di Maastricht. Una strada che mi pare il governo stia dimostrando di voler imboccare.

(Marco Biscella)

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