L’inflazione continua a restare sorvegliata speciale nell’Eurozona, dove a marzo è scesa al +2,4%, avvicinandosi al target Bce del 2%. In Italia l’indice dei prezzi è già sotto tale soglia, ma a marzo è lievemente risalito al +1,3% dallo 0,8% di febbraio. E per il “carrello della spesa” il mese scorso l’aumento è stato del 3% rispetto al 3,4% di febbraio. Cosa devono aspettarsi gli italiani nei prossimi mesi andando al supermercato? Ci potranno essere già dei prodotti sugli scaffali meno cari di oggi? Come ci spiega Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé, «è quasi terminata l’onda lunga degli aumenti di listino – da ottobre alla fine di marzo sono state più di 400 le richieste di adeguamento – che i fornitori hanno presentato alla moderna distribuzione. La sensazione è che non ci dovrebbero essere più numerosi altri aumenti, se non per quanto riguarda i prodotti collegati ai comparti del cacao e del caffè, materie prime i cui prezzi negli ultimi mesi hanno subito un forte rialzo».
C’è stato anche qualche altro incremento importante?
Sì, nelle ultime settimane c’è stato quello dell’olio d’oliva e, di riflesso, delle categorie collegate, ad esempio quella del tonno, per carenza della materia prima. Purtroppo, questi elevati aumenti dei prezzi si stanno traducendo in una drastica riduzione dei consumi di questi prodotti.
Si potrà sperare in qualche prezzo in discesa?
Credo che proseguirà la diminuzione del tasso di inflazione, ma i prezzi rimarranno sostanzialmente inalterati, salvo che per alcune categorie per le quali c’è già stata una diminuzione dei listini, come, per esempio, il riso, la pasta di semola o la pellicola e i contenitori di alluminio.
L’aumento del “carrello della spesa” resta comunque ancora più alto dell’indice generale dell’inflazione. Come mai?
Questo dipende dal fatto che esiste un lag temporale tra la richiesta di aumento di listino da parte dei fornitori e il suo parziale scarico sui prezzi dei prodotti allo scaffale. Di fatto la moderna distribuzione è l’anello finale di una catena ed è per questo che oggi l’aumento del cosiddetto carrello della spesa è più alto di quello dell’indice generale. Nei prossimi mesi, tuttavia, questa differenza dovrebbe scomparire.
La discesa dell’inflazione avrà delle conseguenze per il vostro settore?
Come in altri settori, porterà a far emergere i migliori, cioè le imprese che riescono a essere efficienti all’interno dei propri processi. Andiamo incontro a una sostanziale stagnazione dei volumi, dovuta anche a fenomeni strutturali, come quelli demografici, per cui resisteranno nel medio e lungo periodo le aziende che riusciranno a gestire meglio i propri costi. In questo senso credo siano interessanti i dati appena sfornati da Mediobanca e NielsenIQ.
Cosa dicono questi dati?
Evidenziano che nel nostro settore stanno performando i gruppi italiani multinsegna, dove a livello nazionale, gli headquarter fanno la differenza, offrendo servizi ad alto valore aggiunto. Le quote di mercato delle grandi insegne sono statiche, se non in discesa, mentre salgono quelle di VéGé e Selex. Il mercato italiano, con le performance delle imprese multiregionali indipendenti, si distingue rispetto a quelli di altri Paesi europei come Francia e Germania, dove invece dominano i grandi gruppi.
Negli ultimi giorni si sta assistendo a un rialzo del prezzo del petrolio. Questo potrebbe influire su costi di trasporto e riversarsi poi sui prezzi allo scaffale?
Bisognerà monitorare con attenzione questo aspetto, perché nel nostro comparto il trasporto è sostanzialmente interamente su gomma, dagli stabilimenti produttivi fino a punti di vendita passando per i centri di distribuzione. Rispetto agli ultimi anni la situazione è decisamente migliorata, ma non si può indietreggiare di un centimetro nella capacità di rendere più efficienti tutti i processi, compresi quelli logistici.
(Lorenzo Torrisi)
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