L’inflazione continua a crescere, i prezzi dei beni alimentari un po’ meno. Quest’ultimi a ottobre, come indicato l’altro giorno dall’Istat, sono cresciuti dell’1,1%, mentre l’indice generale del 3%, il tutto quando i costi di alcune materie prime alimentari hanno registrato aumenti percentuali in doppia cifra.



Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé – oltre 3.400 punti di vendita per 2,5 milioni di metri quadrati di superficie commerciale complessiva e una quota di mercato del 7% – ci aiuta a capire come ciò sia possibile: «Anzitutto va precisato che di norma gli aumenti di listino che i fornitori propongono alla distribuzione sono lordi e vengono “nettizzati” in due modi».



Quali?

Il primo mediante una negoziazione che porta il fornitore a diminuire la propria richiesta. Il secondo tramite la diminuzione dei nostri margini. In questo modo l’incremento inflattivo per il consumatore finale viene mitigato. Diversamente, senza questo processo di “nettizzazione”, si avrebbero degli aumenti incredibili e non gestibili.

Può farci qualche esempio?

Certo, le posso dire che avremmo un incremento del prezzo della carta igienica del 14%, del tonno del 20%, dell’olio del 22%, dei legumi del 25%, della pasta del 30%. Tramite la negoziazione dei listini e la diminuzione dei margini riusciamo a fare in modo che a fronte di tali richieste al cliente finale arrivi un aumento dell’1-2%. Intendiamoci, non è poco, ma su alcuni prodotti può significare pochi centesimi in più. Questo 1-2% in più può anche essere accettato dal cliente, di più no.



Per quanto potete ancora assorbire questi aumenti?

È molto difficile rispondere. Da un lato, perché i contratti con i fornitori hanno durate e scadenze diverse e quindi alcuni aumenti di listino possono essere procrastinati. Dall’altro, perché il settore della distribuzione risente direttamente dei rincari energetici (basti pensare a quanta elettricità consuma un punto vendita con i suoi freezer e banchi frigo) o di quelli riguardanti la logistica. Siamo quindi in una specie di tenaglia (i rincari dei listini e i costi diretti) che colpisce tutti allo stesso modo e sta all’efficienza del singolo gruppo riuscire a gestire la propria marginalità e a competere con i concorrenti. Se mi permette, coglierei l’occasione per lanciare una proposta, una sorta di sfida.

Prego.

Nel momento in cui la distribuzione decide di accettare gli aumenti di listino, motivati dalla crescita dei prezzi delle materie prime e dei costi di produzione legati all’energia, e responsabilmente diminuire i propri margini per non danneggiare i clienti finali, sarebbe molto bello se quando i costi di materie prime ed energia diminuiranno i fornitori abbassassero proporzionalmente i prezzi di listino. È una proposta e una sfida che lancio, perché di norma non avviene mai.

Questo fa anche pensare che difficilmente l’inflazione sarà “transitoria”, nel senso che i prezzi non torneranno velocemente ai livelli precedenti.

Sì, non si può dire che sia un’inflazione transitoria tout court. Bisognerà vedere cosa accadrà in ogni singolo settore e per ogni categoria di beni. Posso dire da parte mia che se un fornitore abbasserà il suo listino chiaramente, anche per una logica competitiva, io andrò a diminuire il costo finale per i consumatori.

Cosa può fare il Governo per contrastare il rincaro del cosiddetto carrello della spesa?

Ovviamente non può intervenire direttamente calmierando i prezzi. Può però decidere di diminuire l’Iva per alcuni prodotti o tagliare il cuneo fiscale, facendo sì che i costi per le aziende scendano dando la possibilità a quelle della distribuzione di continuare a restringere i propri margini. Ovviamente anche tutto quello che è in grado di abbassare i prezzi della bolletta energetica rappresenterebbe un aiuto per i costi che aziende come le nostre devono sostenere.

Come sta procedendo il tavolo di filiera che come Adm (Associazione della distribuzione moderna) avete chiesto di aprire e di cui ci ha parlato in una precedente intervista?

Notiamo che ci sono altri temi che catturano maggiormente l’attenzione, ma le interlocuzioni stanno comunque andando avanti.

(Lorenzo Torrisi)

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