A monte ci sono caro bollette, aumenti dei prezzi di molte materie prime alimentari, inflazione che rialza la testa, agricoltori e allevatori in ginocchio per costi produttivi ormai insostenibili, una logistica da rinnovare. A valle, famiglie e consumatori alle prese con mille problemi per far quadrare i bilanci domestici. Il mondo della moderna distribuzione fa i conti con una congiuntura non certo favorevole. Anzi, l’erosione dei margini e i rincari di molti prodotti che entrano ogni giorno nel carrello della spesa degli italiani rischiano di creare un circolo vizioso.
Ma per Marco Bordoli, amministratore delegato di Crai, c’è ancora la possibilità di trasformarlo in un circolo virtuoso, a patto però che “l’intera filiera si faccia carico di queste preoccupazioni” e che “il governo dimostri maggior attenzione a un settore che svolge un ruolo sociale fondamentale per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie”. Come? Attraverso un taglio temporaneo dell’Iva, la defiscalizzazione dei costi della logistica, una politica di incentivi per la riqualificazione ecologica della catena del freddo nel settore agroalimentare.
Partiamo dalla tensione fra Ucraina e Russia, che resta molto alta. Potrebbe rilanciare una nuova corsa dei rincari dell’energia?
Credo proprio di sì e temo proprio di sì, anche perché abbiamo una dipendenza energetica molto forte proprio dall’Est Europa.
Quanto incidono oggi i costi delle bollette?
La nostra bolletta energetica, fino agli ultimi mesi del 2021, incideva intorno al 2-2,5% dei ricavi, intesi come incassi dei punti vendita. Poi è cresciuta del 50%. Ma arrivare sul 3,5-4% dei ricavi, tenendo conto che i margini nel nostro settore sono di pochi punti percentuali, significa che il peso dell’energia erode profondamente il risultato economico delle nostre attività.
Quanto vi preoccupa questo stato di cose?
Siamo molto preoccupati, perché abbiamo grosse difficoltà a ribaltare sul consumatore questi aumenti, visto anche il ruolo sociale che la distribuzione è chiamata a svolgere e che svolge sempre fino in fondo, come hanno dimostrato questi due anni di pandemia, in cui non abbiamo mai chiuso neppure un giorno.
Agricoltori e allevatori sono in ginocchio anche per i rincari delle materie prime e ci sono aziende agricole costrette a chiudere.
Capisco le proteste di allevatori e agricoltori, hanno ragione, ma non condivido il fatto che se la prendono con la distribuzione. Non siamo noi a stabilire il prezzo del latte alla stalla. Ecco perché la preoccupazione deve investire tutta la filiera, partendo appunto dal mondo dell’agricoltura per arrivare a quello della trasformazione e della distribuzione, coinvolgendo il governo. Una guerra dei poveri non serve a nessuno.
Corriamo però il rischio di andare incontro a qualche difficoltà di approvvigionamento?
Non credo, penso che sarà difficile vedere scaffali vuoti, almeno nel breve-medio periodo. Di certo aumenteranno le tensioni lungo la filiera e si accentueranno le spinte inflattive.
Infatti le pressioni agli aumenti di prezzo sono fortissime e riguardano un ampio ventaglio di prodotti. Dove si sentono di più questi rincari?
Difficile fare un elenco, perché da diversi mesi siamo sotto pressione su tantissimi prodotti: la semola e i derivati del grano, farine, caffè, latte e latticini, vino… Senza dimenticare i rincari di cellulosa e plastica, componenti fondamentali e molto diffusi dei nostri packaging.
Sono già stati scaricati a valle questi rincari?
Non sono ancora stati scaricati sui clienti, se non in modo molto parziale, anche perché abbiamo potuto contare sulle scorte. Ma in queste ultime settimane l’inflazione sta salendo. Ora stiamo negoziando con le industrie una possibile suddivisione degli oneri, visto che – lo ripeto – come mondo della distribuzione abbiamo margini risicati.
Ci sono imprese del commercio a rischio chiusura?
Sì, potremmo andare incontro a questo rischio, soprattutto fra i medio-piccoli, che sono la parte più debole.
Teme un calo dei consumi?
E’ possibile un calo dei consumi, ma è molto più probabile un cambio di mix dei consumi: il cliente sarà indotto ad andare sui prodotti a prezzi più bassi.
Quale strategia può mettere in campo una catena di negozi di prossimità?
Come Crai abbiamo una marca privata decisamente forte, che da inizio febbraio stiamo spingendo e per almeno i prossimi 6 mesi continueremo a spingere con una campagna di oltre 400 referenze a prezzo bloccato. Credo che, più che sulle politiche di prezzo high low perseguite per periodi brevi su singoli prodotti, puntare in modo stabile sulla marca privata sia una risposta molto valida, sotto il profilo della qualità e della convenienza: venendo incontro appieno a un’esigenza oggi molto sentita dalle famiglie, può creare maggiore fidelizzazione.
Come si può fra fronte a questa situazione di inflazione galoppante?
Penso che anche il governo debba fare la sua parte, come noi già facciamo la nostra, perché abbiamo messo in conto di perdere marginalità, ma questa erosione potrebbe rallentare gli investimenti, la cui caduta nel medio-lungo periodo genera una perdita di competitività e di efficienza. Chiediamo attenzione e risorse da parte dello Stato.
In concreto?
Il nostro è un settore importante per garantire il potere d’acquisto delle famiglie e per la vendita dei prodotti di prima necessità, quindi mi sembra giusto chiedere un taglio dell’Iva temporaneo, che arrivi alla fine del 2022 o fino al ritorno dei prezzi dell’energia e delle principali materie prime, alimentari e non, ai livelli di un anno fa.
Oltre al taglio dell’Iva?
Il governo dovrebbe inserire la filiera del commercio fra i settori energivori, perché oggi non lo siamo, eppure i numeri dicono che dopo le acciaierie la distribuzione è il comparto che consuma più energia. Inoltre chiediamo la defiscalizzazione dei costi della logistica e incentivi per l’efficientamento di tutti gli impianti di refrigerazione presenti nei nostri negozi, che consumano molto e producono ingenti quantità di CO2. Se si agevolano fiscalmente le sostituzioni di frigoriferi e freezer nei punti vendita, sui camion e nei magazzini della logistica, da un lato si realizza uno degli obiettivi primari del Pnrr, quello della transizione ecologica, e dall’altro si riducono i costi e i consumi della filiera.
(Marco Biscella)
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