Cinque miliardi in meno di spese per il Natale: a tanto ammonterà la “spending review” delle famiglie italiane, alle prese con l’inflazione e il caro bollette. A calcolarlo è uno studio di Confesercenti, secondo cui il 68% degli italiani prevede di ridurre gli acquisti da qui a fine anno: e se il 39%, per ora, si concentra sulle spese “superflue”, il 29% ha messo in conto tagli su tutte le voci di spesa. Solo il 19% ritiene di poter lasciare invariato il budget, mentre appena il 5% incrementerà i consumi.
Sei italiani su 10 sono convinti che le condizioni economiche e sociali delle prossime feste saranno peggiori di quelle dello scorso anno, e quasi la metà degli intervistati (49%) prevede addirittura di “tagliare” anche i regali: il 25% progetta di spendere tra il 10 e il 30% in meno per i doni, mentre il 24% porterà la riduzione oltre questa soglia. Solo il 4% aumenterà la spesa per le sorprese sotto l’albero, a fronte di un 36% che cercherà di mantenerla invariata. “E’ vero che si tratta di un sentiment – spiega Mauro Bussoni, segretario generale Confesercenti – ma è una prospettiva di frenata dei consumi che, in assenza di provvedimenti e di evoluzioni positive, potrebbe peggiorare nel 2023”.
Caro energia e inflazione minacciano lo shopping natalizio. Dove andrà a colpire questo taglio delle spese?
Andrà a colpire soprattutto le spese per i regali e per i viaggi. Il 69% ha già deciso che non partirà, mentre solo il 10% ritiene che si concederà comunque un viaggio, a fronte di un 21% ancora incerto. Chi parte, comunque, riduce la spesa: quella prevista è di 492 euro, quasi 200 euro in meno dei 683 euro del 2019. E’ vero che si tratta di un sentiment, ma si profila una pesante contrazione rispetto al 2021.
Che cosa frena la propensione agli acquisti delle famiglie?
Ci sono due fattori. Innanzitutto, il caro vita e il caro bollette, che creano un effetto inflattivo che incide in maniera inversamente proporzionale sulle disponibilità di reddito delle famiglie.
In che senso?
Abbiamo un tasso di inflazione superiore all’11% per le famiglie meno abbienti e un tasso d’inflazione di poco più alto del 7% per quelle con maggiore capacità di reddito. Questo succede perché l’inflazione si sposta sui generi di prima necessità, che a causa dei rincari delle materie prime hanno subìto un ritocco dei prezzi più sensibile.
E il secondo fattore penalizzante?
Sulle intenzioni di spesa incidono per il 12% anche il peggioramento delle condizioni economiche/lavorative personali e per l’11% il clima di incertezza. C’è poi un 8% che prevede di contenere gli acquisti a causa della riduzione già subita dei risparmi familiari. Finché resterà la preoccupazione davanti a un inverno che presenta crescenti difficoltà, mettendo a rischio la stessa apertura delle attività, è chiaro che le famiglie si sentono disorientate: quasi sette famiglie su 10 hanno deciso una contrazione delle proprie spese.
Si può ancora salvare la stagione natalizia?
Una recente indagine sulle presenze turistiche nel ponte di Ognissanti, rivela che sono state già confermate 5 milioni di prenotazioni presso gli alberghi italiani: siamo tornati ai dati pre-Covid del 2019. E’ una notizia positiva, ma la partita vera per una possibile svolta si giocherà fra le possibili misure che adotterà il governo a sostegno del potere d’acquisto delle famiglie, le condizioni climatiche che incideranno sui consumi energetici, la decisione della Ue di applicare o meno un tetto al prezzo del gas e le prospettive che ci saranno per l’economia.
La Meloni ha parlato di un taglio del cuneo fiscale del 5%…
Il problema è: a favore di chi va questo taglio? Alle famiglie o alle imprese? Noi siamo favorevoli al fatto che a beneficiare del bonus siano i lavoratori, perché avrebbe un effetto più che positivo sui consumi. Tant’è che abbiamo lanciato la proposta di detassare le tredicesime, almeno per le fasce di reddito medio-basse.
Alla luce del rischio contrazione delle spese per il Natale che bilancio si può tracciare di questo 2022 per il mondo del commercio?
Dopo un primo semestre positivo, addirittura con prospettive di crescita del Pil molto elevate, il secondo semestre, con l’evoluzione della guerra in Ucraina, si è scompaginato tutto.
Si profilano all’orizzonte chiusure di attività? Sempre più commercianti abbasseranno le saracinesche?
Tutto questo dipenderà dalla capacità di potere d’acquisto delle famiglie e ai costi legati all’energia. Dovessero mantenersi ancora a livelli insostenibili, si va alle chiusure, anche se temporanee. Sarebbe una situazione molto difficile e complessa.
Il caro bollette peserà ancora sulle attività commerciali?
Nonostante il consistente ribasso di questi giorni dei prezzi del gas sul mercato internazionale, secondo le nostre previsioni il caro bollette continuerà per tutto il 2022, e solo dopo il primo trimestre del 2023 si registreranno le prime riduzioni delle tariffe.
Si può ridurre o efficientare la domanda di energia dei negozi?
E’ possibile adottare soluzioni e accortezze, e gli imprenditori le tanno già cercando e attuando, che favoriscano minori consumi, ma soluzioni sostitutive in così breve tempo è impossibile. Certo, incentivare l’efficientamento energetico darebbe una grossa mano.
“Abbiamo accolto con soddisfazione il riferimento del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, all’importanza di commercianti e autonomi e in generale alla necessità di semplificare la vita alle imprese, sia sul piano burocratico sia su quello fiscale, sostenendo in generale lo sviluppo ed il lavoro delle attività economiche”. Così Patrizia De Luise, presidente nazionale Confesercenti, ha commentato il discorso alla Camera della nuova inquilina di Palazzo Chigi. Quali sono le misure urgenti che il governo dovrebbe attuare per aiutare le imprese del commercio?
E’ assolutamente importante e prioritario intervenire sul costo del lavoro, semplificare la giungla normativa e adottare la cosiddetta tregua fiscale, che aiuterebbe le imprese oggi in difficoltà a gestire gli insoluti in tempi meno stringenti, intervenendo anche con soluzioni di “saldo e stralcio”.
Ieri la Bce ha alzato ancora il costo del denaro dello 0,75%. Stretta al credito in arrivo? Sarebbe una nuova tegola sui commercianti?
Non c’è dubbio: avere credito costerà sempre di più. I mutui, per esempio, che nel 2021 si poteva stipulare a prezzi che non superavano l’1,5%, oggi non si va al di sotto del 4%. E per chi ha affidamenti in conto corrente si comincia a parlare di un 6-7% di interessi da corrispondere. Tenga conto che il tasso di usura oggi è al 19%…
(Marco Biscella)
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