L’Istat ha confermato la stima preliminare sull’inflazione di dicembre, cresciuta del 3,9% su base annua. Secondo l’Istituto nazionale di statistica, nel 2021 i prezzi al consumo hanno registrato in media un aumento dell’1,9%, contro la decrescita dello 0,2% del 2020.

C’è un modo per cercare di frenare l’inflazione tenendo conto che sembrano doversi escludere per il momento interventi della Bce? «Negli Stati Uniti – ci spiega Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino -, dove il rialzo è molto più robusto del nostro, si comincia a parlare dell’ipotesi estrema di bloccare alcuni prezzi o di non consentire che oscillino sopra certi livelli. Un’altra possibilità è quella di utilizzare i proventi di tassazioni mirate su settori che stanno guadagnando molto grazie a questi aumenti per finanziare indennizzi rivolti alle imprese che invece stanno subendo forti perdite».



In effetti è quello che si sta immaginando anche in Italia riguardo gli extraprofitti dei produttori di energia così da aiutare le aziende energivore.

Non dobbiamo dimenticare che in difficoltà ci sono anche i venditori di energia che hanno contratti bloccati con prezzi non più in linea con quelli attuali. Questo genere di intervento non è semplice da attuare e calibrare in maniera ottimale, ma è comunque possibile farvi ricorso.



Perché porti reali benefici alle imprese colpite dai rincari energetici, sono sufficienti i proventi che possono derivare dalla tassazione degli extraprofitti dei produttori o servono altre risorse?

Il tema è molto delicato, ma mi sembra che ci sia una grossa voce di spesa che è possibile ridurre per ottenere altre risorse: il superbonus al 110% nell’edilizia. Restringendone il campo di applicazione o diminuendo la percentuale del bonus si potrebbero reperire fondi per sussidiare i settori più danneggiati dai rincari energetici.

Senza dimenticare che da quelli dell’energia i rincari a cascata possono far aumentare i prezzi in altri settori colpendo sempre di più i consumatori…



Finora le catene distributive hanno coscientemente cercato di mantenere il più possibile i prezzi invariati, ma non possono farlo a lungo senza mettere a rischio i loro stessi conti. La situazione non è facile da affrontare, ma se c’è una macchina di sussidi per i redditi più bassi che funziona davvero, allora la strada si fa meno in salita.

Secondo lei, tra indennizzi, sussidi e ristori si dovrà arrivare a un nuovo scostamento di bilancio?

Finché si tratta di spostare risorse da una voce di spesa a un’altra, entro limiti moderati, fino a 2-3 miliardi di euro, non ci sono grossi problemi, ma per un nuovo scostamento di bilancio occorre una decisione del mondo politico che in questo momento è però concentrato sulla partita del Quirinale. Se poi guardiamo a un orizzonte temporale superiore ai 2-3 mesi ci possiamo anche rendere conto che molto dipende anche da come andranno le elezioni presidenziali francesi.

Perché?

Perché se la Francia deciderà di adottare una politica attenta ai redditi bassi, allora sarà più facile per noi intraprendere la medesima strada con la consapevolezza che difficilmente verrà meno il supporto della Bce nei nostri confronti. La collaborazione tra Roma e Parigi, sancita con il Trattato del Quirinale, passa anche dalle decisioni in sede europea, sulle quali ancora non è chiara la posizione tedesca, anche se non credo possa essere pregiudizialmente troppo contraria a scelte come quelle poc’anzi paventate.

È però invece chiara quale sarà la linea della Bundesbank dopo il passaggio di consegne tra Jens Weidmann e Joachim Nagel.

In questi anni la Bundesbank ha alzato la voce sui grandi principi, ma quando si è trattato di prendere le decisioni al board della Bce al massimo ha votato contro, sapendo che sarebbe stata magari la sola a farlo, senza poi insistere molto e polemizzare contro le misure adottate. Non credo che questo atteggiamento cambierà, anche perché l’economia tedesca da un punto di vista produttivo non sta attraverso un buon momento e si paventa il rischio di recessione tecnica.

Sullo sfondo c’è sempre la partita relativa al futuro del Patto di stabilità e crescita. Come vede la situazione su questo fronte?

È chiaro che non si può tornare alle regole attualmente sospese: andranno riscritte. La Conferenza sul futuro dell’Europa sarebbe già dovuta entrare nel vivo, ma ora bisognerà quanto meno aspettare l’esito delle elezioni francesi.

Torniamo un attimo sulla questione energetica. L’Ue è chiamata a prendere a breve una decisione sulla tassonomia verde.

Bisognerà certo provare a raggiungere l’obiettivo della transizione green, ma credo che per come è impostata ora sia debole da un punto di vista concettuale. Questo non solo in Europa, ma a livello globale. La popolazione mondiale, infatti, aumenterà. Di conseguenza, anche il consumo pro capite di energia, specie nei Paesi in via sviluppo. Andrebbero quindi riviste tutte le previsioni e i modelli finora seguiti, anche perché paradossalmente per avere energia verde in un primo momento occorre aumentare la produzione di quella “sporca”.

(Lorenzo Torrisi)

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