Alla vigilia della riunione del Consiglio direttivo della Bce in programma oggi sono arrivati i dati sull’inflazione nell’Eurozona nel mese di gennaio: l’indice dei prezzi è salito al 5,1% dal 5% di dicembre, mentre, come ricorda l’economista ed ex consigliere del Fmi Domenico Lombardi, «ci si attendeva una sua discesa. Inoltre, l’inflazione core si situa al 2,3%, in diminuzione dal 2,6% di dicembre, ma comunque al di sopra delle attese. A generare questa dinamica sono principalmente i prezzi energetici, che però fanno sentire i loro effetti anche sulle altre componenti dell’indice che fanno un uso relativamente intenso di materie prime energetiche».
Questo quadro delineato dalle stime flash dell’Eurostat può influire sulle decisioni della Bce?
Nella riunione del consiglio direttivo di domani (oggi, ndr) non sono attese decisioni di politica monetaria. Tuttavia, sarà importante leggere lo statement che la Presidente presenterà nella conferenza stampa e, soprattutto, essere attenti alle risposte che fornirà alle domande dei giornalisti. La Bce dall’estate scorsa ha sostenuto che la spinta inflazionistica era da considerarsi temporanea. Nei mesi recenti ha ricalibrato questo messaggio spiegando che è sì temporanea, ma con un certo grado di persistenza. Ora si tratta di capire se questi ultimi dati sull’inflazione indurranno Lagarde a ricalibrare ulteriormente il messaggio.
È in ogni caso da escludere un rialzo dei tassi quest’anno?
A dicembre la Bce ha indicato un sentiero molto preciso: a marzo cesserà il Pepp e nei mesi successivi verrà potenziato l’App. Ha anche comunicato che non intende aumentare i tassi di interesse se prima non avrà azzerato gli acquisti di titoli di stato. La Bce è stata, quindi, molto chiara nella sua comunicazione, tuttavia i mercati si aspettano un rialzo dei tassi di interesse. Infatti, stimano che a giugno ci sarà un rialzo del tasso applicato sulla liquidità parcheggiata dalle banche presso l’Eurotower, attualmente pari al -0,5%, con una graduale normalizzazione che lo porterebbe nel 2023 allo 0%.
I mercati forse hanno questa aspettativa visto quello che è successo negli Usa: anche la Fed sosteneva che l’inflazione fosse temporanea, poi ha cambiato linea arrivando persino a programmare il rialzo dei tassi quest’anno.
L’economia americana presenta delle caratteristiche strutturalmente diverse da quella dell’Eurozona, è stata molto più dinamica e ciò ha indotto la Fed ad assumere un atteggiamento più deciso nel contrastare il rialzo inflazionistico, soprattutto dopo che Powell è stato riconfermato Presidente. Nell’Eurozona ci sono, invece, economie con un diverso grado di criticità e vulnerabilità e questo ha portato la Bce ad avere un atteggiamento molto più cauto, anche perché sinora non si sono verificati i requisiti che lei stessa ha posto per procedere verso un rialzo dei tassi.
Quali sono questi requisiti?
Sono stati formulati in occasione della recente strategy review. Per esempio, nel suo orizzonte previsionale l’inflazione si deve collocare stabilmente su valori superiori al suo target del 2%. Al termine dell’orizzonte previsionale formulato dalla Bce a dicembre, l’inflazione era prevista convergere all’1,8% nel medio termine. Ora, invece, si tratta di capire se a marzo, quando sono attese decisioni di politica monetaria e nuove stime previsionali da parte della Bce, l’inflazione di medio termine continuerà a convergere sotto il 2% o piuttosto a collocarsi al di sopra del target.
Questa situazione di incertezza non è neutra per l’Italia, visto che nelle scorse settimane c’è stata la richiesta da parte delle forze politiche della maggioranza di un nuovo scostamento di bilancio…
È quasi superfluo ricordare che la normalizzazione della politica monetaria pone una serie di problemi per i Paesi con un elevato livello di debito pubblico, sia rispetto al Pil, sia per quel che concerne i quantitativi assoluti da rifinanziare. Fino a oggi l’economia italiana è stata facilitata da un mix coerente tra le politiche monetaria e fiscale. Noi sappiamo già che la politica monetaria si sta avviando verso una normalizzazione. Resta da capire con quale ritmo la Bce procederà verso tale normalizzazione. In Italia occorre poi fare i conti con l’incognita Draghi.
Cosa intende dire?
È noto che la figura del presidente del Consiglio è vista dai mercati come un elemento di salvaguardia per il Paese. Bisogna capire però se Draghi vorrà rimanere a palazzo Chigi oppure no, perché i prossimi mesi saranno cruciali, si incrociano con un periodo perlomeno di maggior volatilità sui mercati.
Pensa che Draghi possa decidere di lasciare il suo incarico?
I resoconti di stampa danno per scontato che intenda rimanere a palazzo Chigi, ma mi permetto di avanzare l’ipotesi che non sia poi così tanto scontato. Credo che Draghi valuterà sulla base di una serie di elementi.
Probabilmente il più importante dei quali è relativo alla forza che può avere dalla maggioranza che lo sostiene.
Esattamente, è proprio questo il punto. Nel momento in cui la maggioranza non ha candidato Draghi al Quirinale è divenuto chiaro lo scollamento. Bisognerà quindi capire a mente fredda come il presidente del Consiglio intenderà porsi rispetto a questa situazione.
(Lorenzo Torrisi)
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