Da Davos sono giunti altri segnali di ottimismo sull’andamento dell’economia. La Presidente della Bce Christine Lagarde ha detto che probabilmente nell’Eurozona ci sarà solo una piccola contrazione. Il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi ritiene persino che dopo alcune difficoltà nel primo semestre, nella seconda metà dell’anno “l’economia dovrebbe riprendere in maniera robusta”. Segnali di ottimismo sembrano arrivare anche dai mercati, visti i guadagni da inizio mese di azioni e obbligazioni.
Dunque, dopo tanti timori e previsioni negative si può dire che il peggio sia già alle spalle? «Mi sento di dire – risponde Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano – che i segnali non sono così favorevoli come vogliono essere dipinti. L’unico vero dato positivo è che ci sono fondate probabilità che il picco dell’inflazione sia stato raggiunto e sia iniziata una qualche discesa. Tuttavia, la diminuzione dei livelli dei prezzi potrebbe essere lenta e se il potere d’acquisto delle famiglie non recupererà terreno in fretta è difficile vedere grandi possibilità di espansione dell’economia all’orizzonte».
A proposito di inflazione, l’Istat ha messo in evidenza che per le famiglie meno abbienti è cresciuta nel 2022 del 12,1%, mentre per quelle più abbienti del 7,2%. In particolare, la crescita annuale nel quarto trimestre dello scorso anno è stata del 18,4% nel primo caso e del 9,9% nel secondo: una differenza notevole.
L’Istat ci sta dicendo di fatto che le disuguaglianze nel nostro Paese sono cresciute in modo molto preoccupante. In particolare, quella differenza relativa al quarto trimestre del 2022 è destabilizzante. Ci fa capire che un conto è osservare e fare ragionamenti sull’economia nel suo complesso, un altro è scendere nel particolare che può far intuire gli effetti sociali del rialzo dei prezzi.
Secondo l’Istat, la differenza registrata è dovuta quasi esclusivamente ai prezzi dell’energia, che sono cresciuti nell’ultimo trimestre del 2022 dell’86,2% per le famiglie con minore capacità di spesa e del 60,7% per quelle più agiate.
La vita quotidiana nelle case presenta per forza di cose una domanda difficilmente comprimibile di beni energetici. Anche solo per fare da mangiare o per non inciampare mentre si cammina. Quindi, non c’è molto scampo a questo tipo di rialzi. E di fronte a percentuali come quelle che ha citato non è fuori luogo l’aggettivo che ho utilizzato prima: destabilizzante.
Questi sono dati relativi a un periodo in cui erano in vigore i sostegni contro il caro bollette, focalizzati in particolare sulle fasce meno abbienti. C’è da chiedersi cosa accadrà dopo il 31 marzo, quando scadranno quelli contenuti nella Legge di bilancio…
C’è da augurarsi che i prezzi energetici tendano a diminuire. Se continuassero, invece, ad aumentare o anche solo a rimanere ai livelli attuali, sarebbe veramente grave.
Il Governo a quel punto dovrebbe intervenire per prorogare i sostegni?
Per forza.
Si tratterebbe di capire, però, con quali risorse…
Certamente, ma credo che il problema a quel punto diventerebbe anche europeo, perché non penso che solamente l’Italia si troverebbe in difficoltà se i prezzi energetici non dovessero diminuire. E la soluzione dovrebbe essere, quindi, europea.
Altri Paesi, come la Germania, in caso di difficoltà con i prezzi energetici avrebbero lo spazio fiscale per intervenire, a differenza nostra. Lei pensa, quindi, che l’Italia non verrà lasciata sola?
Me lo auguro e, ripeto, non credo che tra i nostri Paesi vicini ce ne sia qualcuno totalmente immune dal problema. Quindi, sarebbe anche loro interesse che ci fosse una soluzione di tipo comune.
A proposito di soluzioni comuni, Ursula von der Leyen ha parlato di un fondo sovrano europeo per contrastare gli effetti dell’Ira americano, ma il Cancelliere Scholz si è mostrato scettico al riguardo, chiedendo invece di allentare le regole sugli aiuti di Stato.
Il problema è che così facendo magari nell’Eurozona non ci sarà la recessione, ma di sicuro aumenteranno le divergenze tra i Paesi, anziché la tanto auspicata convergenza. Sappiamo tutti, infatti, che c’è chi ha più risorse per sostenere il proprio sistema economico, tramite aiuti di Stato, e chi, tra cui l’Italia, meno.
Anche su questo, quindi, si misurerà il supporto europeo alle difficoltà italiane.
Assolutamente. Aumentare le divergenze sarebbe violentemente contrario ai principi europei. Dopo un decennio di crisi che abbiamo vissuto, il rischio è quello di vedere dei fossati al posto dei divari tra Paesi. Si giocherebbe col fuoco.
Anche dal punto di vista sociale?
Sì, perché se gli effetti dell’inflazione sono quelli di cui abbiamo parlato prima si tratta di una situazione incredibile, fuori dall’ordinario, riguardo la crescita delle disuguaglianze. È una situazione da non sottovalutare e non voglio nemmeno pensare che possa permanere senza un qualche miglioramento.
La soluzione al problema può essere solo europea però.
Esatto.
(Lorenzo Torrisi)
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