Possiamo immaginare come negli Usa la notte sia trascorsa più serenamente rispetto alle recenti serate che hanno scandito l’attesa del dato sull’inflazione diffuso ieri. Viceversa, proprio nel corso di queste ultime ore, possiamo (non serenamente) anche affermare come nel Vecchio continente il buio che da poco ci lasciamo alle spalle possa essere stato percepito ancor più tetro della stessa assenza di luce. Confidiamo, però, che l'”illuminazione” ritorni in dote (soprattutto) alle dovute menti in occasione dell’ormai imminente appuntamento di politica monetaria che vedrà la “nostra Bce” decidere in materia di tassi di interesse. Doverosamente, comunque, questa inaspettata ansia dell’ultima ora sarà da noi riportata al termine di questo approfondimento.



Tornando, invece, alle faccende d’altri ossia oltreoceano, e rimanendo in sede monetaria possiamo affermare come la “loro Fed” abbia davanti a sé un percorso molto meno arduo rispetto all’odierno incontro della Bce.

Guardando a ieri, infatti, il dato sull’inflazione a stelle e strisce non ha sorpreso gli addetti ai lavori. Ad agosto è stato registrato un incremento dello 0,6% che, nonostante sia la variazione percentuale più alta dal giugno dello scorso anno, ha confermato le attese della vigilia.



Unica differenza, verosimilmente impercettibile se contestualizzata all’intero “problema”, è quella riscontrabile su base annua dove un +3,7% ha scontentato l’aspettativa di un più modesto +3,6%. Un decimale, un’inezia. Un’inezia che, approfondendo ulteriormente, si può osservare anche nell’aumento sulla più complicata e temuta componete core ovvero quella depurata dai prezzi dei beni alimentari ed energetici.

Su quest’ultima, la variazione mensile ammonta a un +0,3% rispetto alle attese di un +0,2%, mentre, su base annua, dopo il +4,7% di luglio, oggi, gli Stati Uniti possono vantare una discesa approdata al +4,7%: dato che, essendo in linea con il sentiment degli analisti, accontenta i numerosi osservatori. Jerome Powell e board della Fed compresi.



Ovviamente, il Governatore e i suoi membri, avranno qualcosa da dire a commento della loro decisione e, al momento, quello che più si teme saranno proprio quelle parole che molto spesso hanno condizionato maggiormente rispetto alla decretata scelta finale. Salvo imprevisti dell’ultima ora, la prossima settimana, la Fed dovrebbe mantenere invariati i tassi di d’interesse e, come consueto, professare il suo pensiero mediante la dialettica del proprio Governatore Powell. Ascolteremo.

Ritornando, invece, alle faccende di casa Europa, come promesso, è opportuno richiamare all’attenzione di tutti quanto accaduto nel corso dell'”ultima ora” di ieri. Quella nostra citata ansia generalizzata che avrà sicuramente caratterizzato la notte di taluni abitanti, professionisti di finanza ed economia, siti nel Vecchio continente e, pertanto, Presidente Lagarde e membri del Consiglio direttivo compresi (nessuno escluso), è riconducibile alla notizia che si è potuto apprendere da Reuters.

La nota agenzia ha riferito come la Bce veda un’inflazione al di sopra del 3% nel corso del prossimo anno e, pertanto, a seguito di tale view, oggi, Francoforte potrebbe decidere di intervenire – ancora – attraverso l’ennesimo rialzo portando il tasso sui depositi al 4%. Questa notizia ha mutato l’umore degli operatori che hanno immediatamente prezzato la rispettiva curva forward di settembre concretizzando una previsione del 75% (rispetto al precedente 50%) su un potenziale aumento dei tassi di ulteriori 25 punti base.

Sforzandoci di non limitare la sola osservazione a questa ultimissima notizia, è anche opportuno ricordare il dato diffuso martedì sull’inflazione spagnola che, pur essendo in rialzo su base mensile (+0,5%), gravita abbondantemente sotto la soglia psicologica del tre per cento (2,6% annuo). Ovvio che la penisola iberica non può fare da pivot per le scelte della Bce, ma, allo stesso tempo, è plausibile auspicare una banca centrale più colomba che falco in attesa di nuovi dati. Una colomba che, fino alla prossima riunione di ottobre, potrà decidere con maggiore serenità. Non all’ultima ora.

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