Il legame tra inflazione e oro è uno dei legami più antichi e complessi dell’intera storia dell’umanità, a ogni latitudine e per qualsiasi civiltà. E’ tuttora attuale e cogente: dove c’è inflazione, c’è oro. Il tutto però si muove lungo linee causali, alle volte talmente misteriose, e soprattutto molto spesso incomprensibili nei tempi di accadimento, che alla fine la comprensione e la gestione di tale legame diventano così difficoltose, da essere quasi misteriche: si sfocia pertanto nella leggenda.



Partiamo in ordine sparso, buttando qua e là sassi sparsi che ci daranno a poco a poco contezza di questi argomenti. Per esempio, le riserve auree degli Stati Uniti (le più vaste al momento al mondo), totalizzano circa 8.200 tonnellate (più o meno), mentre Russia e Cima messe insieme lambiscono ormai le 4.600 tonnellate (all’incirca); quest’ultimo dato soltanto 10-12 anni fa era impensabile, quasi ridicolo. Ma c’è di più: se alle riserve di Russia e Cina sommiamo quelle della Germania, pari a 3.600 tonnellate circa, allora viene fuori che Russia, Germania e Cina superano di un soffio gli Stati Uniti per detenzione di oro. Anche in questo caso una volta, 10-12 anni fa, era impensabile poter immaginare una cosa del genere



D’altra parte si può ragionevolmente affermare che, facendo somme disparate di più Stati, si possono ricavare decine e decine di aggregati spuri di nazioni che hanno riserve sommate insieme tra di loro superiori agli Stati Uniti.

E’ vera, in prima battuta, la logica dell’osservazione precedente, però ad un’analisi più accorta e attenta diventa più debole e diventa più debole se riferita all’aggregato Germania-Russia-Cina, in quanto queste tre nazioni stanno oramai condividendo e iniziando progettazioni reciproche e strategiche per il mondo intero. Torna utile ricordare il North-Stream 2 tra Russia e Germania?



Che ricadute possono avere sugli stimoli inflattivi futuri che verranno sicuramente depotenziati? E per tale aspetto dov’è l’oro? Dove si muove l’inflazione, in crescita o in diminuzione?

Qui iniziano i problemi senza fine della dinamica inflazione-oro, in quanto esse non sono solo finanziarie e macroeconomiche, ma vanno a toccare lo status di potenza statuale e il suo prestigio, attengono all’estetica e ineriscono al fronteggiare dei rischi.

Si entra nella leggenda: dov’è l’anello del Nibelungo (l’Oro del Reno di Wagner)? Ancor più chiaramente: qual è il vero valore dell’oro? Nessuno lo conosce.

Si sa però che la Russia da 5 anni sta sostituendo dollari statunitensi con oro nelle sue riserve internazionali di pagamento, lo stesso fa la Cina. E appunto, tra Cina e Russia si sta sviluppando un complesso gioco di ruolo che vede come obiettivo la primaria importanza geo-strategica planetaria. E’ ovvio tale gioco ha sullo sfondo l’altro partecipante, il più influente di tutti: gli Stati Uniti.

Si può però apprezzare come la Germania, da posizioni ancellari e sfruttando complessi giochi strategici, stia dando il la ad un altro tavolo di lavoro abbozzato negli intenti: Russia-Germania-Cina, e l’oro certifica lo status primario di questo tavolo di intenti più o meno abbozzati.

Cosa ha a che fare tutto questo con l’inflazione? Ha a che fare nel senso che più oro avranno questi tre ultimi attori e meno saranno sottoposti ai pericoli inflazionistici che possono originare da ogni dove. Il perché è legato al fatto che per avere tale abbondanza di oro queste nazioni cedono materie prime, tecnologia, prodotti al mondo intero e nelle quantità maggiori.

Alla fine dei giochi, in periodi temporali non brevi e non lineari, la presenza dell’oro certifica le situazioni ove più è difficile che l’inflazione perduri e si alimenti. In effetti, il punto di vista speculare è che l’azione ossessiva e quasi fanatica degli Stati Uniti per essere e continuare a essere leader del mondo intero, li ha portati a svenarsi: 30.000/35.000 miliardi di dollari di debito pubblico sul totale mondiale di circa 65.000 miliardi in tutto il mondo. Gli Usa sono passati dalla parità oncia d’oro a 35 dollari fino al 1971 a essere oggi lo Stato che ha più riserve di oro ancora, ma che nel peso relativo dell’insieme ha oramai perso di valore in modo consistente.

Sono gli effetti misteriosi e leggendari dell’inflazione nel lungo periodo e il suo contestuale riposizionarsi con l’oro.

In un modo che richiama la brutalità dei numeri, se nel lungo periodo cumuli inflazione, ti troverai ad avere sempre minore oro a garanzia dei rischi, o nei valori assoluti al peggio, o nei valori relativi al meglio; è il destino che attualmente stanno sperimentando gli Stati Uniti, noi italiani e altri Stati.

Ma resta il mistero: la Russia con inflazioni pazze tra gli anni Novanta e i primi anni del 2000 incrementa l’oro in suo possesso anche del 400%, e sondare questa faglia di frattura non è semplice, tende a diventare mito.

Considerati così lo spunto e un po’ l’ecletticità di questo intervento, si può anche affermare che il più alto valore raggiunto dall’oro nel corso della sua storia millenaria e censibile con certe rispondenze nei dati, sia stato raggiunto nel periodo che va tra la vita di Dante Alighieri e quella di Leonardo da Vinci: periodo che comprende in sé la tragedia della peste nera ed è antecedente alla scoperta dell’America. Appunto, nei secoli compresi in quest’ultimo periodo, è come se l’oro ai prezzi attuali valesse 450 dollari al grammo rispetto ai circa 57 dollari attuali. L’oro delle Americhe e la rivoluzione industriale hanno poi portato al valore più piccolo mai sperimentato agli inizi degli anni 2000: 9 euro circa al grammo. Ci si ricorda come con molta facilità in quegli anni si potevano regalare bei monili preziosi?

Ma – breve inciso e poco conosciuto – la caduta degli dei più drammatica appartiene all’argento: nel periodo del Basso Medioevo testé citato ci volevano circa 45 euro per acquistare a soldi odierni un grammo di argento, mentre al momento attuale bastano 30 centesimi di euro o poco più per un grammo di questo metallo.

Si pensi, poi, che il leggendario tempio di Salomone, nel regno di Israele del 1000 a.C. è stimato contenesse come monili e architetture varie quasi 300 tonnellate d’oro, dove in quel periodo storico e in relazione al mondo conosciuto e frequentato con sicurezza se ne conteggiavano circa 5mila tonnellate in totale.

Tutte le cose dette, stanno semplicemente a significare che la gente aveva come chiodo fisso la caccia all’oro, dai più potenti ai più umili. Chi inavvertitamente, soprattutto nelle fasce meno abbienti della popolazione, trovava oro, trovava il paradiso in terra; da questo sostrato nasce la dimensione leggendaria del legame tra oro e inflazione, cioè dell’unica cosa in terra che alla fine protegge dal pericolo della fame prima e della miseria poi.

Tra mille peripezie umane e culturali gli immensi fatti storici creano leggende e poi in ordine più delicato anche bellissime fiabe. Ci possiamo forse dimenticare di Pinocchio e del Gatto e la Volpe, con le monete d’oro che, sotterrate alla base di quel fantastico albero, ne avrebbero prodotte in quantità incalcolabili, come i migliori alberi di mele?

Non si percepisce in tale fiaba l’antico afflato leggendario basato su una storia immensa e antica: l’oro nel tempo accumula valore, non lo perde mai e fa sempre capolino con l’inflazione a indicarsi come faccia identica e opposta della stessa e diuturna medaglia, che è l’incertezza del vivere quotidiano.

Non saranno gli stessi motivi, alla fine dei conti, che fanno pretendere a Brenno, capo dei Galli, protagonisti della violazione di Roma città repubblicana, tranne nel suo Campidoglio, a pretendere oro, cosa che farà poi anche Attila, sette secoli dopo, con l’imperatore bizantino? Oro, oro e solo oro.

Oggigiorno si stimano circa 190.000 tonnellate d’oro presenti nel mondo, con circa 50.000 ancora da poter estrarre in miniere sempre più profonde, scomode e costose e pericolose; le altre 140.000 tonnellate provengono in modo stratificato dall’oro di tutta la storia dell’umanità. Non è insomma impossibile avere al braccio un monile d’oro realizzato su materiale d’oro che ha attraversato i secoli, ad esempio dall’antico Egitto. E’ per questo motivo che alcuni gioielli sembra portino sfortuna?

Insomma, in fin dei conti, se gli Stati Uniti vogliono che il dollaro americano sia una sorta di moderno oro mondiale, le uscite alla Vietnam, da ultimo in Afghanistan, non se le possono permettere. Non vedete come è sinistra l’associazione Saigon 1975, fine Bretton Woods 1971, col dollaro americano che dai 35 dollari a oncia d’oro passa ai 300 circa per oncia, e ora Afghanistan e domani…? Si può apprezzare cosa stanno aspettando in modo forte, subdolo e robusto i cinesi e i russi? E noi europei abbiamo sforzi di comprensione più attiva e impegnata da fare?