“L’inflazione mostra segni di rallentamento per effetto dell’attenuazione delle tensioni sui beni energetici. Tuttavia, il contesto geopolitico, sociale ed economico resta instabile. Dato lo scenario attuale, le nostre analisi dicono che le tensioni sui prezzi potrebbero allentarsi nel 2024, ma non si attesteranno sulle soglie del 2 o 3% cui eravamo abituati”. Non nasconde né il miglioramento del contesto, né la complessità del momento l’analisi tracciata ieri a Milano nella cornice del convegno “La filiera dei beni di consumo nell’era dell’incertezza” da Alessandro d’Este, presidente di Ibc, l’associazione cui fanno capo 33mila imprese attive nella produzione di beni di consumo che generano un giro d’affari stimato in 100 miliardi di euro.
“Quello in cui ci muoviamo – ha detto d’Este – è un quadro d’insieme straordinariamente complesso, in cui l’industria è impegnata nel salvaguardare la redditività, nel difendere i livelli occupazionali e nel garantire al consumatore il miglior rapporto qualità-prezzo”.
Il punto è però che questo impegno deve necessariamente fare i conti con numeri che hanno finora generato non poche difficoltà alla prova dei conti delle imprese: secondo le rilevazioni di Nielsen, infatti, nel primo bimestre 2023, per effetto delle tensioni inflattive dovute alla forte crescita dei costi di produzione cumulati nel 2022, i prezzi sono saliti determinando una crescita del 9,6% delle vendite a valore, cui però si contrappone un calo del 5% dei volumi venduti. In buona sostanza, le famiglie riducono la quantità di prodotti per risparmiare.
Un trend pericoloso per lo stato di salute dell’economia del Paese, che deve quindi essere contrastato. E da qui le richieste alle istituzioni di Ibc che in una nota ufficiale invita “le autorità finanziarie europee a valutare con estrema attenzione gli effetti sulle famiglie e sulle imprese di politiche monetarie recessive”. L’associazione sottolinea poi come siano prioritarie politiche industriali con cui favorire l’incremento della produttività, l’accesso al credito, l’export, gli investimenti per la crescita dimensionale delle imprese e il sostegno alle transizioni sostenibile e digitale. “Sono questi – conclude d’Este – i fattori strategici per rafforzare l’industria italiana dei beni di largo consumo”. Un obiettivo che, secondo il presidente di Ibc, passa per “il miglioramento dell’efficienza della filiera, indispensabile per garantire la competitività sul mercato interno e internazionale”.
L’industria ha dunque indicato priorità e necessità, avanzando richieste precise, che hanno in verità trovato pronta replica nelle parole del ministro Adolfo Urso: intervenuto in collegamento video, il titolare delle Imprese e del Made in Italy ha sottolineato l’impegno del Governo a sostegno dell’internazionalizzazione dei prodotti e delle aziende italiane, oltre a promettere una semplificazione degli incentivi, “che saranno meno numerosi, ma duraturi”.
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