Il Fondo monetario internazionale segnala che la crescita dell’economia mondiale sta zoppicando: questa era prevista in crescita al 6% nel 2021, ma ora la proiezione è in revisione al ribasso. Motivi: picco di inflazione energetica, scarsità di materie prime, vaccinazione globalmente incompleta che pesa sul ciclo economico, ecc. 



Parecchie banche centrali di Paesi minori hanno alzato il costo del denaro e il mercato sta osservando con certa ansia la posizione di quelle europea e statunitense che determinano i cicli finanziari mondiali. Al momento queste stanno comunicando che vogliono aspettare dati più solidi per capire quali fenomeni siano temporanei e quali strutturali, nel frattempo stando ferme in postura espansiva. 



Per l’Italia questo tema, oltre a quello che la sua ripresa dipende molto da quella globale, è cruciale perché un rialzo del costo del denaro causerebbe maggiori costi di rifinanziamento del debito pubblico, minore liquidità nel mercato e più tasse, cioè un’interruzione della ripresa. La Bce ne è consapevole e per questo ha variato il suo statuto per tollerare più inflazione. Anche perché non ci sono strumenti non-recessivi di politica monetaria per contrastare il rialzo dei prezzi dell’energia. Ma comunica, tentennando, che l’inflazione sarà temporanea. 

Le analisi realistiche in materia rendono probabile che sarà temporaneo (fino al marzo del 2022) il disallineamento tra domanda e offerta di materie prime e semilavorati nel ciclo globale, ma che i prezzi dell’energia, pur scendendo dal picco odierno, resteranno alti. Ciò mette a rischio la ripresa nel 2022 e i Governi dovrebbero coordinarsi per trovare un rimedio, ma sono lenti perché presi alla sprovvista.



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