In questo intervento si cercherà di mettere in luce l’anomalia di alcuni livelli di prezzi dati il sostenuto incedere delle tensioni strategiche e di guerra e delle dinamiche inflattive. I due protagonisti di questo intervento sono perciò l’oro e il petrolio. L’incipit è secco e molto chiaro: le dinamiche ribassiste del prezzo in dollari di queste due materie prime sono, secondo me, troppo basse, oppure, detto con più verve, quotazioni tenute basse in modo artificiale.
A riprova comunque dell’ultima affermazione di cui sopra è stato il venire in luce in questi giorni che per quanto riguarda le quotazioni del petrolio Brent e Wti, le stesse sono state “condotte” in percorso ribassista con manovre speculative sui futures sotto la regia del Tesoro americano guidato da Janet Yellen, la quale ha l’idea fissa e strampalata di imporre al mondo un price cap sul petrolio.
Per quanti non hanno contezza dei numeri assoluti, si deve sapere che su circa 100 milioni di domanda mondiale giornaliera di barili di petrolio (un barile è pari a 155 litri circa), gli Stati Uniti ne domandano 20/21 milioni essendo al primo posto, ma assolutamente non in posizione di monopsonista (cioè monopolista dal lato della domanda) tale da imporre il prezzo voluto. Ma la cosa ancora più grave e al tempo stesso scorcentante è che un altro personaggio dei poteri forti americani e cioè la Victoria Nuland, oltranzista russofoba e convinta della supremazia degli Stati Uniti senza se e senza ma, membro di quei poteri che hanno ideato e attuato la rivolta euroMaidan a Kiev nel 2014, ha iniziato a sostenere da qualche giorno che gli Stati Uniti si devono solamente accontentare che il prezzo del petrolio non salga, e cosa ancora più dirimente che per lo sviluppo degli stessi e dell’economia mondiale è assolutamente necessaria la produzione petrolifera russa.
Ora, per me queste affermazioni nella sostanza non sono altro che la scoperta dell’acqua calda, ciò che allora le rende scomode e spiazzanti è che siano in contrasto aperto con le politiche tentate dalla Yellen e soprattutto che siano state rese pubbliche; insomma lo stile di queste dichiarazioni ricorda molto il viaggio della Pelosi fatto a Taiwan in aperto contrasto con le valutazioni della Casa Bianca e di tutto l’apparato esecutivo.
Morale della favola, riprendendo anche il corsivo di un insigne giornalista del New York Times, tutte queste discrepanze e contraddizioni riflettono solamente il severo stato di incertezza strategica della nazione, e quindi in subordine una latente paura che le dinamiche mondiali siano sfuggite al controllo di Washington, cosa che per chi scrive è assolutamente cristallina da due anni a questa parte; pertanto, osserviamo gli apparati di potere degli Stati Uniti che si fanno guerra tra di loro non essendoci più una chiara leadership della nazione nemmeno sui suoi alleati più stretti.
Lo sto ripetendo fino alla noia che la soluzione risiede solamente in un accordo di nuovo conio tra Stati Uniti e Russia, che riconosca che il fronte occidentale ampiamente inteso sia improntato non più alla solitaria reggenza degli Stati Uniti, ma a una nuova diarchia con la Russia, in maniera tale da avere l’architrave fondamentale per dare un nuovo percorso di sviluppo al pianeta; più tardi viene realizzato questo accordo, più in profondità emergeranno problemi non risolvibili dai singoli Stati, dove il primo per antonomasia è l’inflazione.
Tra le altre cose ritornando al dato di luglio del tendenziale degli Stati Uniti dato per zero o addirittura uno 0,1% in negativo che ha portato l’inflazione dal 9,1% di giugno all’8,5% di luglio, stanno venendo fuori i dati relativi ai prezzi dei carburanti alla pompa che sono in palese contrasto con questo andamento; a dirsi cioè che a fine luglio il prezzo in dollari del gallone diesel era pari a 4,5 dai 5,2 del picco del 10 giugno, mentre l’andamento come media mobile dagli inizi del 2022 porta il prezzo medio del gallone in agosto (perlomeno fino al 15) al suo massimo in area 5,07. Allora quel che se ne ricava è lo spunto dell’articolo precedente: intervento della Casa Bianca per calmierare e regolamentare i prezzi in maniera non ciclica, sperando in una prossima inversione di tendenza; solo, però, che se le speranze del Presidente Biden si basano sulle ipotesi folli della Yellen di giungere al price cap di 60 dollari al barile Wti, si capisce benissimo che siamo messi malisssimo.
Passiamo quindi ora all’esame delle quotazioni dell’oro, dove francamente trovarsi di fronte a 1.748 dollari l’oncia il 21 agosto sembra proprio un prezzo antesignano di una tempesta in arrivo data la sua non aderenza alla realtà dei fatti; purtroppo, le cose stanno in questo modo, con gli Stati Uniti che stanno cercando tramite manovre speculative su aggregati finanziari e monetari di tenere in maniera abnorme elevato il livello della quotazione del dollaro, che quindi porta come contraltare il diminuire dei prezzi delle materie prime e per tale via alla diminuzione dell’inflazione di offerta.
Purtroppo, queste sono politiche da libri di testo, anche un po’ farneticanti, oppure sono manovre proponibili solo col controllo pieno geostrategico del mondo anche in chiave militare; ma qualsiasi persona vedendo le vicende in Ucraina e nel mondo intero se la sentirebbe in cuor suo di credere che gli Stati Uniti siano in grado di controllare a loro piacimento le tematiche internazionali?
È del tutto evidente che la risposta è in maniera lampante del tutto negativa, e questa negatività poco per volta sta per prendere le fattezze dell’agosto del 1971, quando Nixon dovette dichiarare la fine della parità di 35 dollari con un’oncia d’oro, e difatti in capo a tre anni e cioè il 1974, anno di inizio del primo shock petrolifero, tale parità schizzò fino a 300 dollari l’oncia d’oro con tassi inflattivi del 12% circa; qualsiasi persona può ora comparare il 1974 alla situazione attuale e vedere pericolose e serie similitudini quantitative e qualitative, anzi, perlomeno nel 1974 i tassi della Fed seguivano come un’ombra i tassi inflattivi, mentre al momento gli Stati Uniti sono come dentro un’ubriacatura generale con tassi Fed lontanissimi dal tasso di inflazione.
Che poi lo si ripete ancora una volta, che quando l’inflazione è dal 9% all’insù gli strumenti soli di politica monetaria fanno ben poco sul tasso inflattivo, però perlomeno tassi di interesse in linea con l’inflazione eliminano le pericolose e pericolosissime bolle speculative che si creano tra economia reale e economia finanziaria; i problemi si acuiscono se i fattori scatenanti l’inflazione si radicano in maggioranza negli input esogeni dell’offerta, e ancora di più in quanto essi sono al di fuori dei confini della nazione.
Lo scenario è dunque il seguente: o sono iniziati seriamente accordi con la Russia per un nuovo patto di stabilità mondiale, oppure l’alternativa degli Stati Uniti è la disfatta e la disintegrazione completa della attuale Federazione Russa; io so che in maniera drammatica e suggestionante, l’ex Segretario di Stato Kissinger si sta sgolando a chiedere di rinsavire ai politici americani e di qualificare una nuova pace con la Russia, mentre settori oltranzisti che partono dai democratici e vanno ad allignare fino ai repubblicani sono ubriacati dallo scontro vincente americano tra le due superpotenze: mi riferisco ai personaggi alla Nuland, Blinken fino ad arrivare a Bannon; dimenticano poi questi oltranzisti dello scontro la latente pericolosità di dinamiche sociali e razziali negli Stati Uniti odierni.
Ma per rendere più volumetrica la presente disamina, si deve addirittura sconfinare con tutti i limiti di una precisa conoscenza tecnica nell’ambito dell’ingegneria chimica, dove gli esperti veri del settore vi diranno che non solo gli Stati Uniti hanno ammanchi quantitativi per la loro domanda interna di petrolio che con la loro solo produzione interna riescono a soddisfare solo per circa il 50% – e questi aspetti di macroeconomia, più e più volte li ho analizzati e illustrati con cura dato il mio percorso di studi -, ma che hanno ammanchi anche qualitativi importanti e simili a quelli di quantità; si vuole cioè sottolineare il fatto che il petrolio russo è la migliore qualità di petrolio del mondo e che è con una qualità similare – che gli Stati Uniti non riescono a produrre con i loro giacimenti – che girano le raffinerie del Texas e del Golfo del Messico e gli stessi impianti per la produzione di shale oil.
Quindi il commento finale alle affermazioni della Nuland che serve il petrolio russo per il benessere degli Stati Uniti, per caso nasconde il fatto che questi apparati di poteri russofobi degli Stati Uniti si siano messi in testa di rovesciare e satellizzare la Russia? Scusate, ma in che mondo siamo oramai?
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