Gli aumenti continuano a mettere in ginocchio gli italiani. Il costo dei generi alimentari è schizzato: la pasta è aumentata del 41% mentre il latte del 13%, come rivelano i dati dell’Osservaprezzi del ministero. L’inflazione è cresciuta del 5.6% l’anno scorso, dopo il picco del 12.6% alla fine del 2022: uno scenario che ha eroso il potere d’acquisto e quello di risparmio degli italiani. Ci sono però anche altri effetti, quelli secondari, che hanno conseguenze sulla percezione dell’impoverimento. Un rapporto dell’Ufficio studi Coop ha mostrato come la differenza tra l’inflazione misurata, cioè quella registrata (pari al 7% in media negli ultimi 12 mesi) e quella percepita (14.6%), è del 7.6% in più. Il valore è tra i più alti d’Europa: peggio fanno solo Portogallo e Grecia.



Ma cosa significa questo dato? Come spiega La Stampa, vuol dire che gli italiani che le famiglie si sentono più povere di quanto non siano realmente. La differenza si è aggravata anno dopo anno e mostra come l’aumento dei prezzi percepito sia ancora più ampio rispetto a quello reale. La situazione a livello economico sarebbe migliore rispetto al passato eppure, nonostante questo, la percezione nella popolazione è pessima.



Inflazione in diminuzione e tasso di occupazione più alto

La situazione attuale in Italia è migliore rispetto all’immediato post-Covid: l’inflazione sta diminuendo e dal +5.9% del 2023, quest’anno dovrebbe essere al di sotto della soglia del 2% stabilita dell’Ue. C’è inoltre più lavoro, con un tasso di occupazione più alto rispetto al passato: attualmente è pari al 61.9% secondo l’Istat. Il numero di occupati a dicembre 2023 superava quello di un anno prima di due punti percentuali, dunque pari a 450mila persone in più.

Come spiega La Stampa, è aumentato del 4.7% anche il reddito disponibile delle famiglie, pari a 58.7 miliardi di euro. Ma a cosa è dovuta questa sensazione negativa insita nella popolazione se la situazione generica non è così male? “Ci sono varie componenti che possono spiegare il fenomeno” spiega Stefano Caselli, professore di economia degli intermediari finanziari. Uno di questi, secondo il docente, “è la fiducia verso il futuro: in Italia non si parla di crescita o se ne parla troppo poco e quindi il nostro Paese sembra non crescere o crescere meno rispetto a Francia e Germania”. Dunque, per questo sembra meno competitiva rispetto ad altri Paesi.