Cattive notizie in arrivo per gli scontrini della spesa alimentare. L’industria alza (di nuovo) i prezzi praticati alla grande distribuzione. E questi aumenti, plausibilmente, si riverberanno, almeno in parte, sul borsellino dei consumatori.

La tendenza è registrata da un’indagine condotta da Unioncamere con la collaborazione di BMTI e REF Ricerche che nel bimestre ottobre-novembre prospetta una crescita congiunturale dei listini chiesti ai supermercati del +2,2%. Un allungo critico perché, secondo la stessa survey, rende molto significativa la distanza con lo stesso bimestre del 2021, rispetto al quale segnala un incremento pari al +16,6%.



L’exploit è destinato a colpire in modo particolare alcuni prodotti chiave nella dieta degli italiani: nel bimestre ottobre-novembre, complici le attese di una netta contrazione produttiva, i prezzi dell’olio extravergine di oliva dovrebbero arrivare a crescere dell’8,2%, il tonno all’olio di oliva presenterà un incremento medio del 7,6%, la birra nazionale del 7,3%, la carne in scatola del 6,7%. In calo solo l’olio di semi vari (-1,7%), che negli ultimi mesi beneficia di una flessione, dopo i picchi raggiunti a seguito dello scoppio del conflitto russo-ucraino.



E se si guarda l’andamento su base annua, gli scostamenti diventano ancora più pesanti: all’olio di oliva toccano aumenti pari al 43,6%, il tonno all’olio di oliva cresce del 37,9%, la pasta di semola del 34,2%, la farina di grano tenero del 33,8% e l’olio extravergine di oliva del 29,0%. E significativi sono anche i rincari annui che interessano, sulla scia dei rialzi del costo del latte e dell’energia, i formaggi freschi (+19,8% per la mozzarella di latte vaccino, +21,2% per lo stracchino) e i formaggi molli (+16,3% per il Gorgonzola, +17,4% per il Provolone).



I prezzi pagati dalle Centrali d’Acquisto della GDO all’industria alimentare sono insomma protagonisti di una continua escalation, fatalmente destinata a incidere anche sull’andamento degli scontrini che si troveranno a pagare i consumatori. La stessa ricerca condotta da Unioncamere prospetta infatti che l’inflazione alimentare al consumo, spinta dai rincari delle materie prime energetiche, rimarrà sostenuta su valori superiori al 10% fino alla fine del 2022, portando così le previsioni di chiusura d’anno a indicare un aumento medio dell’8,4%. Nei dati preliminari rilasciati dall’Istat per il mese di ottobre, del resto, questo indicatore ha già raggiunto il +13,1% rispetto allo scorso anno, complice un’accelerazione dal +11,4% registrata a settembre.

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