L’inflazione negli Stati Uniti a ottobre, comunicata ieri, ha registrato il valore più alto dal 1990 con un incremento rispetto a ottobre dell’anno scorso del 6,2% o del 4,6% escludendo alimentari e energia. I prezzi della benzina sono cresciuti di quasi il 50%, quelli dei veicoli usati di oltre il 25%, i mobili del 12%, il pollame del 9%, la carne di maiale del 14%, la carne di manzo del 20% e così via.
Ieri è stato comunicato un altro dato importante che però non ha avuto l’onore della prima pagina: il salario medio orario è sceso dello 0,5% a ottobre rispetto al mese precedente e dell’1,1% rispetto a ottobre 2020. La matematica è semplice: costa tutto molto di più, ma i salari non solo non salgono, anzi diminuiscono. Il problema è politicamente molto sensibile e infatti ieri è andato in scena lo scaricabarile. Biden ha dovuto dichiarare che “combattere l’inflazione” è “la sua principale priorità” e di avere poi chiesto di valutare azioni “contro qualsiasi manipolazione nel settore dell’energia”. I cattivi sarebbero le società energetiche o, forse, gli investitori che da mesi comprano petrolio e gas. Una scommessa lineare e comprensibile da tutti: i consumi di petrolio e gas sono sopra i livelli del 2019 mentre non c’è una singola società energetica occidentale che “possa” investire in nuove risorse per non perdere punti nel gioco “ESG” della transizione verde. In compenso chi produce veicoli che consumano un multiplo delle materie prime di quelli tradizionali siede su una società che capitalizza un triliardo di dollari.
Da mesi si spiega che l’inflazione è un fenomeno transitorio dovuto alla pandemia che ha prima compresso produzione e domanda e poi con la riapertura ha causato uno squilibrio tra offerta, rimasta indietro, e domanda. Transitorio è un termine vago a cui si possono appiccicare orizzonti temporali diversi. Ci sono almeno tre cause che spingono i prezzi che non sono transitori: la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, la transizione energetica e l’immissione di liquidità delle banche centrali. A questi tre fattori aggiungiamo, come corollario, un piano di sussidi negli Stati Uniti, che perdura, senza precedenti che ha causato enormi difficoltà a trovare forza lavoro. Tutto questo più che bilancia, e alimenta ulteriormente, un crollo della natalità spaventoso.
La guerra commerciale continua e la ricostruzione della capacità produttiva fuori dalla Cina ha bisogno, almeno, di cinque anni anche se si fosse già iniziato al massimo dello sforzo. Realisticamente l’orizzonte temporale è compreso tra i cinque e i dieci anni a seconda dell’intensità degli investimenti. La transizione verde sostituisce fonti affidabili e economiche con altre che non sono rodate e sono costose. Biden ha bloccato l’oleodotto “Keystone XL” e ha limitato le estrazioni in patria; gli Stati Uniti completeranno i primi due reattori nucleari negli ultimi 30 anni tra due anni. Le banche centrali, a partire dalla Fed, continuano a mantenere tassi eccezionalmente bassi e le politiche di immissione di liquidità sono sostanzialmente ancora in piedi. Questi fattori hanno due caratteristiche: non sono transitori e riflettono scelte “politiche”.
A proposito di banche centrali segnaliamo che “hanno ricevuto” il compito di combattere il clima, con opzioni che sono assolutamente “politiche”, e negli Stati Uniti anche le disuguaglianze “razziali”. Nei fatti i soldi di tutti sono messi al servizio, e svalutati via inflazione, di obiettivi politici mascherati da scelte “scientifiche”.
L’unico problema è lo scontento di una fetta crescente della popolazione e dell’opinione pubblica che forse non riesce a mettere insieme tutti i pezzi, ma che capisce benissimo che arrivare alla fine del mese è più difficile. Lo scaricabarile, visti gli ultimi risultati elettorali negli Stati Uniti, non attacca. Se non si vogliono rimuovere le cause per rimanere al potere bisogna inventarsi qualcosa. Non ci vengono in mente opzioni rassicuranti anche ammettendo la possibilità che nei prossimi mesi si possa assistere a un po’ di “disinflazione” con i termini di paragone, anno su anno, che diventano più facili.
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