Per il dato inflattivo Usa  che verrà pubblicato oggi e riferentesi a luglio 2022 in tendenziale sull’anno, si stima un tasso del 9,5-9,6% con valore minimo non sotto al 9,3%. Il Consensus Bloomberg  di operatori di mercato stima invece l’8,7% e quindi viene ipotizzata una visibile frenata della corsa inflattiva, che darebbe speranza al raggiungimento di un picco, confermando alcune esternazioni del Presidente Usa Biden, quando era in visita nei Paesi del Golfo Persico.



In questo intervento, al contrario, non si prevede affatto un’inversione di tendenza, bensì un’ulteriore accelerazione visualizzata sempre e tristemente in anticipo dalle quotazioni del petrolio, che sebbene non ai picchi di inizi giugno, resta un prezzo straordinariamente alto e quindi fonte di crescita continua di tutti gli altri prezzi delle filiere produttive; tra le altre cose, in parallelo, il fratello minore del petrolio, e cioè il gas, sia normale che liquefatto, aggiorna continuamente record su record, dato che i due mercati sono profondamente interrelati; anzi, bisognerebbe dire che comunque il gas segue il mercato del petrolio, sebbene le spiegazioni non siano evidenti, né lineari; però, al tempo stesso, le boutades di un nostro quotidiano, uno dei tre maggiori in Italia, secondo cui le dinamiche di petrolio e gas sono tra loro scollegate perché mercati ormai autonomi e disgiunti, sono francamente illeggibili e indigeribili per la quantità e la qualità delle idiozie propinate.



D’altra parte, le argomentazioni in questi periodi sono talmente tante e meritevoli, che alla fine anche dinamiche importanti vengono tralasciate per ridondanza di argomentazioni; ci si riferisce, del tutto ovvio, allo schema di fondo da cui partire e cioè la domanda e l’offerta aggregata, per fare subito una puntualizzazione dirimente: così come hanno preso la piega gli avvenimenti internazionali da un anno a questa parte, è ragionevole considerare le problematiche dell’offerta aggregata non più terreno di analisi macroeconomiche, bensì scenario oramai a pieno titolo dei più vasti e complessi problemi di politica e geostrategia mondiale; tocca così, come nota di metodo chiara e asciutta, riferirsi all’analisi macroeconomica come analisi della sola domanda aggregata.



Questa impostazione porta immediatamente a dei corollari ineludibili, e cioè che l’inflazione odierna negli Stati Uniti essendo al minimo causata da fattori esogeni dell’offerta aggregata per circa il 70% del suo manifestarsi, non è  di fatto al momento controllabile e direzionabile dal lato della domanda, la quale può solo dare un’intonazione di modo ai suoi interventi, piuttosto che di efficacia; detto meglio, al punto dove siamo ora con l’inflazione degli Stati Uniti, la Fed con i suoi interventi sulla liquidità e sui tassi può solo avere influenza su come e quali soggetti economici pagheranno di più il fenomeno inflattivo; ancora meglio utilizzando esemplificazioni varie: sarà, ad esempio, l’industria manifatturiera oppure quella chimica a dover sopportare il maggior peso della crescita dei prezzi, oppure saranno i consumatori delle fasce deboli a dover stringere la borsa, o al contrario i miliardari a vedersi tassare i patrimoni e i redditi in maniera ben più impegnativa; dare precedenza alle politiche verdi o alla rigenerazione delle politiche degli idrocarburi; indusria hig tech o settori maturi del lavoro industriale; insomma, le politiche della Fed potranno solo incidere su chi dovrà sopportare i maggiori sacrifici, ma l’intensità e la durata del fenomeno inflattivo non sono al momento in potere dell’autorità monetaria e nemmeno delle autorità del bilancio pubblico.

Il  pubblico potere, e cioè Casa Bianca e Congresso, riacquisisce importanza fondamentale ma non più come attore economico, ma al contrario come primario protagonista strategico insieme alla controparte russa: in che modo e quanto deve finire la guerra in Ucraina? Quale ruolo devono avere Cina, India, Brasile e Unione europea nel quadro strategico di nuovo conio che Stati Uniti e Russia devono iniziare a  implementare pur con molti errori reciproci?

È da tale punto di vista dunque che l’inflazione odierna, qui in questo intervento stimata in ulteriore crescita, assume significati ultronei: scomparsa dell’ordine acquisito e poi, ma assolutamente non secondario, il compito di iniziare a far diminuire drasticamente i debiti pubblici dell’intero Occidente divenuti troppo gravosi e imbarazzanti.

Tocca essere molto onesti e chiari su punti del genere, in quanto nessun politico di nessun luogo del mondo può permettersi il lusso di consolidare debito vivo; detto con parole più severe, nessuna democrazia robusta, e tantomeno nessuna autocrazia, ha il potere di consolidare in maniera vistosa il debito dello Stato a danno dei cittadini persone singole; solamente una forza ne è capace in tutto il mondo e in tutte le epoche storiche: l’inflazione.

Questo è dunque a mio parere il significato reale degli attuali valori inflattivi: fare le riforme che nessun politico può fare; né Biden, né tantomeno il suo più acerrimo nemico. Non sono perciò d’accordo con i tanti troppi interventi di inflazioni volute e causate ad arte da élite politiche e finanziarie; è tutto il contrario nella storia di ogni civiltà, dove il potere costituito e dominante ha sempre sfuggito l’inflazione come e più della peste, in quanto l’alta inflazione distrugge il tessuto sociale e quello del potere costituito, dieci volte di più di un’alta disoccupazione; se ne ricava come suggestione implicita che sono allora i settori economici e le classi sociali più disagiate che cercano inconsapevolmente inflazione, perché è solo tramite tale meccanismo dolorosissimo che hanno la reale aspettativa che le cose cambino davvero; quindi, quando i vertici delle istituzioni pubbliche e private e finanziarie nelle interviste vanno affermando che l’inflazione è un problema soprattutto per le fasce sociali più deboli, sanno o forse anche non sanno, che stanno dicendo una mezza bugia, in quanto il disagio degli innumerevoli deboli, se non viene curato, diventa distruzione dell’ordine esistente e pertanto la caduta dei tanti uomini di potere del momento.

In sostanza, come svariate volte affermato, l’inflazione che tracima o inizia a farlo soprattutto dal 9,5% all’insù diventa un problema severo e pericoloso, e il pericolo risiede nel fatto che gli interventi dal  lato della domanda, con tassi e liquidità, da parte delle sole autorità monetarie non sono più sufficienti; Powell come ogni banchiere centrale di ogni epoca e di ogni civiltà del mondo vive la moneta, e la sua in particolare, e cioè il dollaro, come se ne fosse un sacerdote laico, cioè con sacralità, e quindi è indotto a pensare che più costosa diventa la moneta, più facile è fermare la crescita dei prezzi; ma questo assunto è solo apparentemente robusto, mentre in realtà ha basi fragilissime; l’esempio di scuola è il seguente: poniamo per assurdo che in un mese la Fed riduca della metà il suo passivo, e cioè riduca di metà la base monetaria; se però nello stesso periodo la quantità di petrolio in circolazione diminuisce del 50% anch’essa, i prezzi inevitabilmente saliranno anche se la moneta è divenuta in modo subitaneo molto più scarsa.

Un’immagine ancora più sottile ci aiuta: noi persone misuriamo la temperatura corporea col termometro, e tale immagine serve per mostrare che la moneta è come il termometro dell’esempio, in quanto misura in modo immediato la temperatura corporea, cioè l’inflazione, ma allo stesso tempo non è il valore della moneta il significato profondo dell’inflazione, così come il termometro nulla ha a che vedere con le cause della temperatura corporea.

Il significato profondo e la ragione vera dell’inflazione è l’energia totale contenuta nel tessuto sociale, e dopo quaranta anni, gli attuali funzionari della Fed per la prima volta nella loro esistenza lo stanno vivendo in maniera non teorica.

L’inflazione di questi giorni negli Stati Uniti ha oramai una forza inerziale così profonda che non è inverosimile vederla al 13% circa verso febbraio; allora la Casa Bianca e il Congresso toccheranno con mano quanto è importante e quanto costa per davvero, la necessità di un accordo di nuovo conio con la Russia.

Allora, la selezione darwiniana – che in sé è assolutamente lecita e di scuola nella teoria economica se condotta con le dovute guarantigie sociali e politiche – che sarà stata sbandierata senza ritegno alcuno verso i problemi delle persone e dei più deboli, in stile Musk insomma, porterà al Presidente  Biden e al presidente Fed Powell il conto del dramma.

Da qui nasce l’urgenza di prevenire dinamiche sociali che potrebbero essere turbolente violente e impegnative; questa è la strada dell’accordo da raggiungere con la Russia.

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