Secondo il segretario del Tesoro americano Janet Yellen, “gli incrementi sostanziali” del costo della vita sono “un problema per molte persone”: “il Presidente Biden ne è consapevole e intende affrontare il problema al meglio delle sue possibilità usando gli strumenti che ha a disposizione”. L’ex Presidente della Fed continua: “Nonostante i salari siano saliti significativamente, e, almeno in media, più dei prezzi ci sono incrementi sostanziali in prezzi importanti per le persone”; “queste li vedono quando comprano il cibo. Li vedono in termini di affitti. Con tassi più alti, è dura per i giovani che vogliono comprare una casa approcciare il mercato”.
A sei mesi dalle elezioni gli incrementi di prezzi degli ultimi due anni diventano una questione elettorale. Gli indici che misurano salari einflazione restituiscono solo in modo parziale ciò che è accaduto alle famiglie sia perché gli incrementi salariali sono “medi” e qualcuno ne è rimasto escluso, almeno in parte, sia perché l’inflazione pesa sui bilanci delle famiglie anche in modo molto diverso a seconda dei redditi. Proprio mentre sembra chiudersi una fase di inflazione particolarmente aggressiva, come non si vedeva dagli anni ’80, si moltiplicano le riflessioni sull’impatto che ha avuto sulla vita delle persone.
Gli incrementi dei prezzi rimangono ufficialmente avvolti da un alone di mistero e in qualche modo, incredibilmente, ancora legati a una “crisi da offerta” dovuta alla pandemia. Sopra, nelle discussioni pubbliche tra i principali banchieri e investitori si può trovare un po’ più di chiarezza e il deficit americano è sempre più spesso associato alla parola “insostenibile”; gli incrementi delle borse, con una politica monetaria che viene considerata inutilmente restrittiva e alla vigilia di un rallentamento dato per probabile se non per certo, invece rimane quasi senza spiegazione anche se in realtà gli indici sulle condizioni finanziarie, ancora espansive, elaborate dalle principali banche di investimento danno qualche indicazione.
Il paradigma con cui si curano le crisi, almeno dal 2008, fatto di deficit e politiche monetarie espansive dà origine a fenomeni di “ripresa” anomali. Il numero di case, anche in alcune grandi città italiane, al di sotto di una certa soglia di prezzo oggi sono una frazione di quello di cinque anni fa, ma i salari medi non hanno in alcun modo seguito quei valori. I listini che salgono scaricano l’effetto sulle famiglie proporzionalmente ai risparmi. Il contesto geopolitico, la rivoluzione green e la rottura delle catene di fornitura oggi presentano il conto pieno di un certo metodo di politica economica diversamente, per esempio, dal 2008 quando la globalizzazione controbilanciava con spinte deflattive. Le politiche ufficialmente per i poveri e il ceto medio nei fatti lavorano molto di più e molto meglio per la “borsa”.
Tutto ciò diventa un tema politico che può dare origine anche a fenomeni imprevedibili perché i termini della questione non sono chiari se non nelle conseguenze che si sperimentano facendo la spesa o provando a comprare casa. Il “prezzo” di una ripresa rapida e veloce, fatta a debito, presenta un conto fatto di case molto più difficili da comprare, minori salari reali e borse ai massimi. Uscire da questo paradigma è molto complicato e non indolore perché il debito accumulato per comprare subito la ripresa è tanto. Non agire non è un’alternativa come in qualche modo capisce la famiglia media alle prese con il “caro vita”.
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